Le tre lune di Panopticon - Anime prigioniere
Trama:
In un luogo dominato dal potere malvagio di un solo uomo, il Presidente Reik, c’è una giovane ragazza, Sofia, che non sa di poter cambiare il futuro a cui Panopticon sembra
destinata.
Il mondo in cui vive inizia lentamente a sgretolarsi, mentre le parole spariscono dai libri, dagli oggetti e dagli schermi, fino a diventare silenzio nella bocca del suo popolo. Sofia è forse l’unica in grado di trattenere le parole, ma deve imparare a gestire il suo potere e a non aver paura di utilizzare questo dono, le cui origini sono da ricercare nel passato. A quando l’ingordigia dell’uomo condusse alla guerra e il Grande Spirito della Natura fu costretto a dividersi, rinascendo insieme ai tre neonati che avrebbero dovuto riportare l’equilibrio andato perduto.
Ricondurre alla pace si rivelerà complicato e saranno ardue le sfide che dovranno affrontare i protagonisti di questa storia magica e appassionante.
Le tre lune di Panopticon, primo volume di una trilogia, è un libro misterioso e intrigante, in cui nulla appare come sembra e i suoi protagonisti lottano con astuzia per salvare il mondo a cui appartengono e combattere contro un destino che sembra già deciso.
COME TUTTO EBBE INIZIO
Il Paese della Luce, come venne chiamato, era tutto fuorché
luminoso.
I tre villaggi che lo componevano, non erano distanti l’uno dall’altra
solo nella posizione, ma anche nello spirito. Non erano tanto lontani,
però, da non potersi toccare, o sfiorare lievemente con i loro confini.
Ognuno dei tre credeva di essere il più forte, il più virtuoso, il più
meritevole di possedere il Grande Libro. Si diceva che questo avesse
dato origine, non solo al Paese della Luce, ma all’intero pianeta,
grazie alle forze della Natura, che lo avevano generato per
conservare l’equilibrio. Un equilibrio che l’essere umano, in nessuna
epoca, è mai riuscito a mantenere. Smosso, com’è sempre stato, da
bisogni terreni che ne hanno minato, di volta in volta, lo spirito.
“L’uomo non è un animale pacifico” diceva il Grande Libro durante
l’apparizione settimanale, in cui il capo leggeva le righe che
comparivano di fronte all’intera popolazione. “Ed io sono qui per
ricordarvi di vivere in pace. Perché è la pace ciò che all’uomo serve”.
I tre villaggi se ne stavano buoni nei loro boschi e nelle loro pianure,
con alte mura a proteggerli, come se aspettassero che qualcuno
attaccasse da un momento all’altro; erano dei vulcani inesplosi,
pronti a infiammarsi.
Il Grande Libro ogni settimana veniva portato di villaggio in villaggio, come era stato stabilito alla sua apparizione, o meglio quando venne ritrovato al centro dei tre luoghi, proprio all’intersezione tra i loro tre accampamenti. Era cosa certa, infatti, che il Grande Libro fosse già lì prima che l’essere umano nascesse, forse era stato persino il Libro a volere l’uomo, come una sorta di Dio onnipotente. Questo, gli uomini, non lo potevano sapere, anche se lo rispettavano perché i loro villaggi, con la sua presenza prosperavano, nonostante le malattie continuassero a colpirli.
I tre villaggi alzarono palizzate sempre più alte, ma continuarono a
far passare il Libro di mano in mano, settimana dopo settimana,
temendo l’ira del grande Spirito.
Un giorno però, il capo del primo villaggio, ordinò ai suoi uomini di
non portare il Libro come di consueto, accecato ormai com’era dalla
sicurezza che la sua vita non sarebbe cambiata e dalla pacifica calma
dei giorni passati, che lo aveva reso cieco ma irrequieto.
Gli abitanti reagirono in diverse maniere: alcuni con gioia, altri con
paura. Nonostante le critiche di molti, il Grande Libro rimase lì.
“Lo abbiamo trovato noi. Ci appartiene di diritto” diceva il capo
villaggio rafforzando intanto le mura e mostrando le armi che in
quelle ultime settimane erano state costruite.
“L’uomo non resiste alla guerra, perché non è mai soddisfatto di
quello che ha” scrisse il Grande Libro quella notte in cui tutto
cambiò.
Gli altri due villaggi, informati dell’accaduto, partirono e attaccarono
il primo, ma finirono per confondersi gli uni con gli altri, vista la
completa ignoranza in quel genere di cose, poiché erano sempre
vissuti in pace.
I tre villaggi combatterono l’uno contro l’altro, con un odio che non
avevano mai avuto, scambiando i fratelli per nemici. Fino a quel
momento, c’era sempre stata indifferenza tra gli abitanti, una
fastidiosa convivenza che però non si era mai trasformata in odio. La
smania di possedere il Grande Libro, invece, li aveva accecati e,
paradossalmente, ciò che doveva portare equilibrio aveva generato il
caos. Non bastava una vita tranquilla e pacifica, o il monito diffuso
dalla presenza del Grande Libro: “L’uomo ama la guerra, non riesce
a vivere senza”.
I tre villaggi ne uscirono quasi distrutti dalla battaglia. Il Grande
Libro sapeva cosa stava per succedere. Lo sentiva nel cuore delle persone, nei gesti calibrati, eccessivamente calmi di quella quiete
innaturale che stava per trasformarsi in una tormentata tempesta. Il
Grande Libro lo prevedeva e agì. Se non l’avesse fatto, la guerra
sarebbe ripresa, sterminandoli.
Quella notte, nei tre villaggi, tre donne diedero alla luce tre bambini. Nel primo villaggio una bambina nacque nella calma, negli altri furono due maschi invece a urlare, come se avessero percepito il tumulto nell’aria e le agitazioni di spirito di quella notte in cui erano nati.
Celestia, Latlock e Paris, questi furono i loro nomi.
Il Libro quel giorno rinacque insieme a loro. Fu questo il gesto
ultimo del Grande Spirito.
Il testo s’illuminò e bruciò le sue pagine rapidamente, poi qualcosa,
un nucleo di spirito che sembrava contenere tutta l’energia del
pianeta, schizzò via separandosi in tre. Così in ogni culla comparve
un libro. Ora erano tre, tre come loro.
Tre libri quasi identici, diversi solo nei colori. Blu come il mare per
la bambina, giallo come il sole per uno dei due neonati, e rosso come
il sangue per il terzo.
Due volumi non potevano essere abbastanza, ma tre avrebbero
mantenuto l’equilibrio. Lo spirito del Grande Libro lo sperò: ora non
avrebbe fatto altro. Divise in tre la sua stessa essenza mettendosi
nelle mani di quei tre neonati.
I bambini furono chiamati custodi, custodi del Libro originario che
aveva accontentato i villaggi riportando la pace... per il momento.
I tre bambini avevano il divieto di incontrarsi, anzi, non sapevano
neppure dell’esistenza l’uno dell’altro.
Ogni settimana, come già accadeva prima, il Libro parlava, ma lo
faceva per tramite del suo piccolo custode.
Raggiunti i dieci anni, i bambini divennero curiosi, e si mossero
ognuno verso gli altri, ignari di tutto questo, eppure spinti dal legame che il Libro originario non aveva potuto far scomparire. Erano legati,
come un’unica cosa.
Una mattina d’estate i tre si trovarono nello stesso luogo, uno splendido lago che si nascondeva tra i boschi e le rocce da cui scendeva una ricca cascata, che rifletteva i raggi del sole. Era quello il Paese della Luce. Forse chi aveva scelto il suo nome aveva visto prima quel luogo incantato. Doveva essere così. In cielo brillavano le tre lune sorte dopo la loro nascita, che riflettevano i colori, tenui ma intensi, dei tre libri dello Spirito: blu, giallo e rosso.
Tutti e tre pensarono di aver trovato il centro del loro mondo, e
incredibilmente era proprio lì che il Grande Libro si era nascosto
all’origine del pianeta.
Latlock e Paris guardarono intensamente quella bambina dai lunghi
capelli castani, che sembravano riflettere la luce come lo specchio
dell’acqua. Intorno alla testa pareva avesse un’aureola luminosa,
mentre il chiarore della pelle faceva risaltare i suoi occhi verdi
curiosi.
I tre si contemplarono per minuti interi. E s’innamorarono.
Ogni mattina si ritrovavano presso quel lago splendente. I primi
quattro giorni, però, nessuno aveva ancora avuto il coraggio di
parlare. Andavano lì e trascorrevano le ore accucciati a osservarsi, a
studiarsi, come se apparissero l’uno all’altro come animali
sconosciuti, o estinti.
Il quinto giorno Latlock si tuffò nel lago e gli altri due lo seguirono.
Iniziarono a giocare e da allora continuarono a farlo ogni giorno. Si
sentivano finalmente completi. Latlock rimase sempre il primo a
buttarsi.
Lo spirito originario sapeva che il loro incontro sarebbe potuto essere
una benedizione così come una maledizione, ma era inevitabile che
accadesse.
I tre erano sempre più legati, Latlock e Paris erano innamorati di Celestia, e lei di loro, ma i suoi occhi erano attirati più spesso dal
primo, anche se dell’amore non sapevano ancora nulla. Sempre più
spesso Paris assisteva ai loro scambi di sguardi, senza fare nulla per
impedirlo, anzi si teneva in disparte, incerto.
Quando raggiunsero i diciassette anni, oltre al tempo anche il loro spirito mutò. I tre Libri nel corso degli anni, assunsero le sfumature dei loro custodi, seguendo le loro attitudini naturali, le inclinazioni e le pulsazioni. Vivevano così in simbiosi da influenzarsi a vicenda. Quando arrivarono a quell’età, si fossilizzarono definitivamente su tre diverse attitudini: il Libro di Celestia sul bene, quello di Latlock sul male e il terzo sull’incertezza. Quell’incertezza di esistenza che Paris aveva sempre percepito sulla pelle. Quell’incertezza e indeterminatezza in cui aveva vissuto durante tutti quegli anni, da quando aveva conosciuto gli altri, da quando Latlock era diventato una sorta di leader che si prendeva tutto ciò che voleva e quando voleva, anche Celestia, la sua Celestia, che, inizialmente, trattava entrambi nella stessa maniera. Eppure la sua incertezza era divenuta patologica a causa della presenza di Latlock, che al contrario si faceva sempre più sicuro, volendo sempre di più, pretendendo sempre di più.
Celestia e Latlock, Bene e Male, erano due facce della stessa medaglia che si contaminavano a vicenda, quasi confondendosi. Paris non poteva fare niente per impedire quel loro rapporto simbiotico, poiché loro erano legati indissolubilmente. Eppure senza di lui non potevano stare. Era l’ago della bilancia, una presenza inscindibile.
Celestia era ora una donna forte, profondamente saggia e giusta, una donna che riusciva a risolvere ogni tipo di problema e che era in grado di far scendere sugli animi la calma, la serenità, anche solo con la sua presenza. Ma nonostante ciò, la sua personalità pacifica ne nascondeva una tormentata, e la presenza di Latlock non faceva altro che portare alla luce tutti i suoi angoli bui, distruggendo Celestia e rinforzandola allo stesso tempo.
Paris intanto non poteva fare altro che rimanere a guardare, dare man forte all’uno o all’altro, mantenendo un equilibrio ogni giorno più precario. Forse non c’era mai stata una speranza.
I due non erano più gli stessi, e la confusione stava uccidendo il loro legame a tre. Come se i villaggi riuscissero a sentire questo cambiamento, iniziarono tra di loro i primi tumulti. Ognuno voleva la supremazia sull’altro, così come succedeva fra i tre custodi che erano diventati squilibrati, ormai di uno squilibrio insanabile.
I Libri parlavano ai giovani raccomandando loro prudenza, ricordando a tutti e tre che il rapporto sarebbe sempre dovuto rimanere stabile, in completa uguaglianza, senza prese di posizione o sbalzi d’affetto. Un rapporto pieno di rispetto e di amicizia, umile, di parità e non di quell’amore che era pericoloso anche per un comune essere umano. Conservare questo tipo di legame era una promessa che tre ragazzini, così come tre uomini, non potevano mantenere.
I villaggi ora volevano di nuovo affrontare la guerra, e lo spirito
originario capì che tutto questo era stata una maledizione.
I villaggi mandarono avanti i tre giovani che non vennero più
chiamati custodi, ma guerrieri. I villaggi, che non si erano assegnati
un nome per mantenere l’uguaglianza, ora portavano i nomi dei loro
guerrieri.
I tre ragazzi furono costretti a combattere, a uccidere, utilizzando il
potere sopito dei Libri: quell’energia misteriosa che sgorgava in loro,
sin dalla nascita.
Celestia tentava di portare pace, ma era costretta ogni volta a fuggire,
sporcata dal sangue degli altri uomini e del suo stesso sangue. Non
poteva sopportarlo.
Un giorno era stata costretta a uccidere degli uomini che volevano portarsi via la vita di sua madre. E questo l’aveva scossa, il suo spirito era vacillato. Lei aveva provato soddisfazione e sollievo oltre che disgusto. Si accorse che si accaniva con sempre maggiore rabbia su quegli esseri umani e sentiva di star perdendo pian piano il contatto con sé, come se la guerra la stesse sporcando, e ancor peggio, come se fosse proprio da se stessa che partiva tutto quel male. Anche questo, non poteva sopportarlo. Non voleva essere così, proprio lei, la custode del Libro del bene. Non poteva avere lati oscuri, non lei.
Latlock godeva invece della morte di quegli uomini, il male dentro di lui stava prendendo sempre più spazio, contaminandolo come una macchia nera e appiccicosa, e sporcando anche il suo Libro. Accecato dall’avidità, combatteva ogni giorno, alla ricerca del potere. Voleva riunire i Libri in uno.
I tre ragazzi lo sapevano, lo percepivano che solo insieme potevano
essere completi. Come se fossero stati separati in tre, venivano
calamitati l’uno verso l’altro.
Una notte Celestia diede appuntamento agli altri due, al lago, lì dove
si erano conosciuti. Quella era la notte in cui avrebbero compiuto
tutti e tre diciotto anni.
Quel luogo era rimasto immacolato, silenzioso. Non era stato
intaccato dalla guerra e dalla sporcizia di quel mondo.
Celestia respirò a fondo quell’aria pacifica cercando il coraggio.
Lì, di nuovo insieme, i tre guardarono il cielo tristemente, poi si
gettarono a terra con i loro Libri, coperti dai peccati, e piansero a
lungo uno nelle braccia dell’altro, fino al momento in cui la notte
divenne più densa, fino a quando il nuovo giorno iniziò a sgranchirsi
le gambe per iniziare il suo turno.
Quella notte le tre lune che brillavano in cielo sin dalla loro nascita,
apparvero ancora più luminose, come se stessero donando ai loro tre
figli la forza di fare ciò che andava fatto.
Si guardarono negli occhi, chiedendosi perdono e perdonandosi reciprocamente.
Poi, senza dire una parola, si alzarono, si abbracciarono ancora una
volta, tenendosi stretti e baciandosi. Si guardarono tra loro,
osservarono il lago con le tre lune che si riflettevano risolute ma tristi
e si tolsero la vita.
Celestia, Latlock e Paris caddero nello specchio illuminato dai tre
testimoni alti in cielo, colorandone le acque di sangue. Mentre i tre
Libri sprofondavano nella terra, nascondendosi... morti dentro.
Quel luogo magico sembrò piangere la loro fine. Si accartocciò su se
stesso, spegnendosi. Le tre lune voltarono le spalle e sbiadirono, sino
a diventare di un bianco quasi trasparente, perdendo i colori che le
tingevano e nascondendosi agli occhi indiscreti. Aspettarono...
I tre villaggi, dopo poco, ritrovarono i loro guerrieri galleggiare nelle
acque a pancia in giù, ancora immersi nel loro sangue.
Piansero insieme, stretti l’uno contro l’altro.
I tre villaggi si riunirono per la prima volta, senza desiderio alcuno se
non la pace. Il pentimento e il senso d’inutilità, li aveva attraversati
uno a uno e la guerra era finita in quell’istante. Tirarono fuori
dall’acqua i tre corpi e li seppellirono insieme, poi ricostruirono i tre
villaggi, rimanendo in pace, a lungo.
Non cercarono i Libri, non li volevano. I tre custodi erano morti e
quei volumi con loro.
Lo spirito originario rimase a guardare, mentre i tre pezzi di sé,
sepolti e nascosti, sorpassavano le epoche successive. Fino a quando
le tre famiglie discendenti, sangue del loro stesso sangue, non li
trovarono e tre nuovi custodi nacquero, portando un equilibrio e uno
squilibrio di cui ormai il pianeta si era impregnato. Scatenando
sventure ben peggiori.
Era una storia che avrebbe continuato a ripetersi per altre
generazioni... Fino a oggi.
Fino, forse, a una conclusione.
CAPITOLO 1
La storia si ripete sempre
“Quel libro dall’aspetto antico e del colore del mare agli occhi di chiunque poteva apparire come un normale volume, che aveva attraversato gli anni senza alcun clamore. Ma quando io ci poggiai gli occhi sopra, ne fui calamitata. Il ciondolo, incastonato sulla sua superficie, sembrò brillare non appena mi vide muovere i primi passi nella stanza, come fosse una presenza viva che aspettava solo me. Sentivo che mi stava chiamando”.
“Sta iniziando, Signore”.
“Bene”.
“Che forma prenderà questa volta?”
“Non ne ho la più pallida idea”.
Il Presidente pensò alle parole che aveva letto sul suo libro tanto
tempo prima, dicevano che era stata la custode originaria - quella che
per prima aveva rotto l’equilibrio decidendo di uccidersi per
ristabilirne un altro - a influenzare la rivoluzione che sarebbe
avvenuta. Ma in un mondo in cui quella custode non esisteva più, o
come ormai credeva, era dormiente, quale sarebbe stato il
cambiamento? Cosa si doveva aspettare?
Il Presidente ci pensava e ripensava. Il libro l’aveva avvertito che
questa volta sarebbe stato diverso. Niente fucili, né terremoti. E
allora cosa? Forzare gli eventi avrebbe sicuramente avuto delle
conseguenze, e lui era pronto ad affrontarle.
“Pensa che in questo modo usciranno allo scoperto?”
“Non ne sono sicuro, ma credo che saranno costretti a farlo”.
L’uomo si poggiò sullo schienale della sua poltrona, visibilmente
affaticato. Una vena gli calcava la fronte con insistenza, mentre la
sua bocca era contorta in un’espressione di angoscia e incertezza. Occhio Rosso, fermo sulla superficie del libro, racchiuso in quel
ciondolo dorato, lo controllava da lontano, come ogni giorno della
sua lunghissima vita.
Il Presidente Reik era un uomo dall’età indefinibile, nessuno a Panopticon riusciva a ricordarla e nessuno si sforzava di provare a definirla. Appariva giovane e allo stesso tempo vecchio, vecchissimo, come se il suo corpo avesse lottato contro il tempo per tutta la vita, una lunga esistenza di sofferenza che non aveva potuto fare a meno di lasciare dei segni, di indebolire il suo spirito, di lasciare quell’immagine appannata e stanca, eppur forte di sé.
Il Presidente Reik si versò un bicchiere di liquore e lo buttò giù tutto d’un fiato, scostando dopo un attimo la bottiglia dalla sua traiettoria, poi premette le dita sulle sue palpebre chiuse e rimase così fino all’alba, a cercare di calmare quella rabbia e quella frustrazione che sembravano provenire da una persona che non era lui.
Viveva quel malessere cui opponeva la sua vana resistenza; una sofferenza che lo scuoteva e prostrava, che lo piegava e controllava, facendolo suo, da cui si lasciava guidare come una foglia dalla corrente di un fiume.
“Ti sento sempre più vicino”. Marin non poteva crederci. Era come
se fosse accanto a lei.
“È perché il ragazzo sta arrivando”.
“Ora potremo...”.
“Cosa? Non possiamo fare materialmente nulla. Siamo Anime, Marin. Le loro Anime”.
“Stavolta è diverso. Lui sta arrivando e noi forse...”, la speranza
stava fiorendo dentro Marin.
“Siamo Anime, non abbiamo più quel potere. Te lo ricordi?”
“Lo so. Che ti prende ora? Non sei stato mai così pessimista, e in
questo momento non dovresti proprio esserlo. Stavolta è quella giusta. Non senti? Non è come Abel o gli altri”. Marin sentì scuotere
il suo spirito, e una fitta d’angoscia la immobilizzò.
“Sta iniziando” disse Marin in ascolto.
Dessel si rabbuiò. Provò diverse sensazioni, una sferzata di speranza
e un solo e unico pressante desiderio che sovrastava tutto il resto del
suo sentire: essere libero o morire, morire davvero.
“Doveva succedere, prima o poi. La realtà è stata stabile a lungo”.
Dessel sembrò tornare quello di sempre: sicuro e ottimista.
“Non credevo sarebbe successo così presto”. Marin era realmente
incredula. Aspettava questo momento da tanto, tantissimo tempo.
Eppure, ora che stava accadendo, era piena di dubbi.
“E come poteva essere altrimenti? Ma perché il Presidente ha
aspettato così a lungo! Lui li vuole riunire, ne sono certo, vuole
ritornare alle origini”.
“È R...”.
“Zitta! Non pronunciare quel nome. Conosci le conseguenze.
Chiamalo Occhio Rosso”.
“Odio quel nomignolo” disse Marin con una smorfia, “mi ricorda ciò
che è successo”. Lo aveva sempre detestato. “Comunque credo sia
lui ad averlo trattenuto. Ha altri piani, lui non vorrà altro che uscire
da qui, come noi”.
“Non poteva accadere che ora” disse Dessel sovrappensiero. “Adesso
c’è lei e tu ti sei finalmente decisa a muoverti. Era ora”.
“Mi rimproveri forse qualcosa? Io ho tentato con Abel, ce l’ho messa
tutta, ma non ne ha voluto sapere. È fuggito via. E poi sbaglio o l’hai
fatto anche tu? Se ai tempi fossi rimasto, forse tutto questo non
sarebbe successo”. Marin mise il broncio, il ricordo la infastidì.
“Piantala, non puoi rinfacciare cose successe anni e anni fa. Dovevo
andare via, stare lontano da voi due. E poi tanto lo sai che siamo
inesorabilmente calamitati l’uno verso l’altra. Il ragazzo, infatti, è
qui”, sospirò affranto. “Per quanto riguarda il professore, non aveva, purtroppo, l’attitudine giusta. Così come non l’aveva la nonna del
ragazzo. Comunque ora tutto cambia”.
“Non sappiamo ancora com’è lei, né come si presenterà questa nuova guerra”.
“Sarà come l’aiuterai a essere”. Dessel ne era convinto. La speranza
cominciò a fiorire prepotentemente dentro di lui, o dentro quello che
ne rimaneva.
“Se quello che ho percepito è corretto, temo che non sarà così
semplice”.
“Perché?”
“Quella ragazza ha qualcosa di buio dentro”.
“Come tutti noi”.
“È come il Presidente. E come colui che lo guida”.
“Ti sbagli. È impossibile. Non può essere come Occhio Rosso. Lui
era un uomo malato ed è diventato un’Anima malata, che ora
rispecchia esattamente il suo custode” aggiunse Dessel.
“Reik non era così. Non te lo ricordi forse? È il libro, è la presenza di
Occhio Rosso ad averlo trasformato”.
“Si è fatto sopraffare perché anche lui è così”. Dessel era da sempre
sicuro di questo e aveva capito istintivamente che cosa sarebbe
successo. La sua era solo una sensazione, che si rivelò poi giusta.
“Sofia è uguale a loro, percepisco che è così”. Si sentì prigioniera.
“Comunque ti sbagli”. Dessel non poteva crederci. “Se è veramente
chi pensiamo, allora non può essere, poiché sarebbe una
contraddizione. Ti sbagli”.
“No, purtroppo. E molto presto te ne accorgerai”. Poi aggiunse in un
sussurro: “L’aspetto da sempre. Se solo Abel le avesse lasciato il
libro prima... se solo mi avesse lasciata andare. Eppure ora non può
più tenermi con sé”.
“Siamo noi la generazione che ha cambiato tutto. Ora non siamo
altro che delle Anime rinchiuse dentro a degli oggetti. È ciò che ci meritiamo” disse Dessel assorto.
Marin sospirò, o almeno le sembrò di farlo, come se riuscisse ancora
a percepire il suo corpo.
Come se un corpo ancora ce l’avesse.