Ilaria Pasqua - Writer and more...

 "Oltre la superficie della pagina s'entrava in un mondo in cui 
  la vita era più vita che di qua" 
 Italo Calvino 

Le tre lune di Panopticon - Anime prigioniere


Trama:

In un luogo dominato dal potere malvagio di un solo uomo, il Presidente Reik, c’è una giovane ragazza, Sofia, che non sa di poter cambiare il futuro a cui Panopticon sembra

destinata.

Il mondo in cui vive inizia lentamente a sgretolarsi, mentre le parole spariscono dai libri, dagli oggetti e dagli schermi, fino a diventare silenzio nella bocca del suo popolo. Sofia è forse l’unica in grado di trattenere le parole, ma deve imparare a gestire il suo potere e a non aver paura di utilizzare questo dono, le cui origini sono da ricercare nel passato. A quando l’ingordigia dell’uomo condusse alla guerra e il Grande Spirito della Natura fu costretto a dividersi, rinascendo insieme ai tre neonati che avrebbero dovuto riportare l’equilibrio andato perduto.

Ricondurre alla pace si rivelerà complicato e saranno ardue le sfide che dovranno affrontare i protagonisti di questa storia magica e appassionante.


Le tre lune di Panopticon, primo volume di una trilogia, è un libro misterioso e intrigante, in cui nulla appare come sembra e i suoi protagonisti lottano con astuzia per salvare il mondo a cui appartengono e combattere contro un destino che sembra già deciso.



Pubblicato da Lettere Animate Editore
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Anteprima


COME TUTTO EBBE INIZIO


Il Paese della Luce, come venne chiamato, era tutto fuorché luminoso.
I tre villaggi che lo componevano, non erano distanti l’uno dall’altra solo nella posizione, ma anche nello spirito. Non erano tanto lontani, però, da non potersi toccare, o sfiorare lievemente con i loro confini. Ognuno dei tre credeva di essere il più forte, il più virtuoso, il più meritevole di possedere il Grande Libro. Si diceva che questo avesse dato origine, non solo al Paese della Luce, ma all’intero pianeta, grazie alle forze della Natura, che lo avevano generato per conservare l’equilibrio. Un equilibrio che l’essere umano, in nessuna epoca, è mai riuscito a mantenere. Smosso, com’è sempre stato, da bisogni terreni che ne hanno minato, di volta in volta, lo spirito. “L’uomo non è un animale pacifico” diceva il Grande Libro durante l’apparizione settimanale, in cui il capo leggeva le righe che comparivano di fronte all’intera popolazione. “Ed io sono qui per ricordarvi di vivere in pace. Perché è la pace ciò che all’uomo serve”. I tre villaggi se ne stavano buoni nei loro boschi e nelle loro pianure, con alte mura a proteggerli, come se aspettassero che qualcuno attaccasse da un momento all’altro; erano dei vulcani inesplosi, pronti a infiammarsi.

Il Grande Libro ogni settimana veniva portato di villaggio in villaggio, come era stato stabilito alla sua apparizione, o meglio quando venne ritrovato al centro dei tre luoghi, proprio all’intersezione tra i loro tre accampamenti. Era cosa certa, infatti, che il Grande Libro fosse già lì prima che l’essere umano nascesse, forse era stato persino il Libro a volere l’uomo, come una sorta di Dio onnipotente. Questo, gli uomini, non lo potevano sapere, anche se lo rispettavano perché i loro villaggi, con la sua presenza prosperavano, nonostante le malattie continuassero a colpirli.

I tre villaggi alzarono palizzate sempre più alte, ma continuarono a far passare il Libro di mano in mano, settimana dopo settimana, temendo l’ira del grande Spirito.
Un giorno però, il capo del primo villaggio, ordinò ai suoi uomini di non portare il Libro come di consueto, accecato ormai com’era dalla sicurezza che la sua vita non sarebbe cambiata e dalla pacifica calma dei giorni passati, che lo aveva reso cieco ma irrequieto.
Gli abitanti reagirono in diverse maniere: alcuni con gioia, altri con paura. Nonostante le critiche di molti, il Grande Libro rimase lì.
“Lo abbiamo trovato noi. Ci appartiene di diritto” diceva il capo villaggio rafforzando intanto le mura e mostrando le armi che in quelle ultime settimane erano state costruite.
“L’uomo non resiste alla guerra, perché non è mai soddisfatto di quello che ha” scrisse il Grande Libro quella notte in cui tutto cambiò.
Gli altri due villaggi, informati dell’accaduto, partirono e attaccarono il primo, ma finirono per confondersi gli uni con gli altri, vista la completa ignoranza in quel genere di cose, poiché erano sempre vissuti in pace.
I tre villaggi combatterono l’uno contro l’altro, con un odio che non avevano mai avuto, scambiando i fratelli per nemici. Fino a quel momento, c’era sempre stata indifferenza tra gli abitanti, una fastidiosa convivenza che però non si era mai trasformata in odio. La smania di possedere il Grande Libro, invece, li aveva accecati e, paradossalmente, ciò che doveva portare equilibrio aveva generato il caos. Non bastava una vita tranquilla e pacifica, o il monito diffuso dalla presenza del Grande Libro: “L’uomo ama la guerra, non riesce a vivere senza”.
I tre villaggi ne uscirono quasi distrutti dalla battaglia. Il Grande Libro sapeva cosa stava per succedere. Lo sentiva nel cuore delle persone, nei gesti calibrati, eccessivamente calmi di quella quiete innaturale che stava per trasformarsi in una tormentata tempesta. Il Grande Libro lo prevedeva e agì. Se non l’avesse fatto, la guerra sarebbe ripresa, sterminandoli.

Quella notte, nei tre villaggi, tre donne diedero alla luce tre bambini. Nel primo villaggio una bambina nacque nella calma, negli altri furono due maschi invece a urlare, come se avessero percepito il tumulto nell’aria e le agitazioni di spirito di quella notte in cui erano nati.

Celestia, Latlock e Paris, questi furono i loro nomi.
Il Libro quel giorno rinacque insieme a loro. Fu questo il gesto ultimo del Grande Spirito.
Il testo s’illuminò e bruciò le sue pagine rapidamente, poi qualcosa, un nucleo di spirito che sembrava contenere tutta l’energia del pianeta, schizzò via separandosi in tre. Così in ogni culla comparve un libro. Ora erano tre, tre come loro.
Tre libri quasi identici, diversi solo nei colori. Blu come il mare per la bambina, giallo come il sole per uno dei due neonati, e rosso come il sangue per il terzo.
Due volumi non potevano essere abbastanza, ma tre avrebbero mantenuto l’equilibrio. Lo spirito del Grande Libro lo sperò: ora non avrebbe fatto altro. Divise in tre la sua stessa essenza mettendosi nelle mani di quei tre neonati.
I bambini furono chiamati custodi, custodi del Libro originario che aveva accontentato i villaggi riportando la pace... per il momento.
I tre bambini avevano il divieto di incontrarsi, anzi, non sapevano neppure dell’esistenza l’uno dell’altro.
Ogni settimana, come già accadeva prima, il Libro parlava, ma lo faceva per tramite del suo piccolo custode.
Raggiunti i dieci anni, i bambini divennero curiosi, e si mossero ognuno verso gli altri, ignari di tutto questo, eppure spinti dal legame che il Libro originario non aveva potuto far scomparire. Erano legati, come un’unica cosa.

Una mattina d’estate i tre si trovarono nello stesso luogo, uno splendido lago che si nascondeva tra i boschi e le rocce da cui scendeva una ricca cascata, che rifletteva i raggi del sole. Era quello il Paese della Luce. Forse chi aveva scelto il suo nome aveva visto prima quel luogo incantato. Doveva essere così. In cielo brillavano le tre lune sorte dopo la loro nascita, che riflettevano i colori, tenui ma intensi, dei tre libri dello Spirito: blu, giallo e rosso.

Tutti e tre pensarono di aver trovato il centro del loro mondo, e incredibilmente era proprio lì che il Grande Libro si era nascosto all’origine del pianeta.
Latlock e Paris guardarono intensamente quella bambina dai lunghi capelli castani, che sembravano riflettere la luce come lo specchio dell’acqua. Intorno alla testa pareva avesse un’aureola luminosa, mentre il chiarore della pelle faceva risaltare i suoi occhi verdi curiosi.

I tre si contemplarono per minuti interi. E s’innamorarono.
Ogni mattina si ritrovavano presso quel lago splendente. I primi quattro giorni, però, nessuno aveva ancora avuto il coraggio di parlare. Andavano lì e trascorrevano le ore accucciati a osservarsi, a studiarsi, come se apparissero l’uno all’altro come animali sconosciuti, o estinti.
Il quinto giorno Latlock si tuffò nel lago e gli altri due lo seguirono. Iniziarono a giocare e da allora continuarono a farlo ogni giorno. Si sentivano finalmente completi. Latlock rimase sempre il primo a buttarsi.
Lo spirito originario sapeva che il loro incontro sarebbe potuto essere una benedizione così come una maledizione, ma era inevitabile che accadesse.
I tre erano sempre più legati, Latlock e Paris erano innamorati di Celestia, e lei di loro, ma i suoi occhi erano attirati più spesso dal primo, anche se dell’amore non sapevano ancora nulla. Sempre più spesso Paris assisteva ai loro scambi di sguardi, senza fare nulla per impedirlo, anzi si teneva in disparte, incerto.

Quando raggiunsero i diciassette anni, oltre al tempo anche il loro spirito mutò. I tre Libri nel corso degli anni, assunsero le sfumature dei loro custodi, seguendo le loro attitudini naturali, le inclinazioni e le pulsazioni. Vivevano così in simbiosi da influenzarsi a vicenda. Quando arrivarono a quell’età, si fossilizzarono definitivamente su tre diverse attitudini: il Libro di Celestia sul bene, quello di Latlock sul male e il terzo sull’incertezza. Quell’incertezza di esistenza che Paris aveva sempre percepito sulla pelle. Quell’incertezza e indeterminatezza in cui aveva vissuto durante tutti quegli anni, da quando aveva conosciuto gli altri, da quando Latlock era diventato una sorta di leader che si prendeva tutto ciò che voleva e quando voleva, anche Celestia, la sua Celestia, che, inizialmente, trattava entrambi nella stessa maniera. Eppure la sua incertezza era divenuta patologica a causa della presenza di Latlock, che al contrario si faceva sempre più sicuro, volendo sempre di più, pretendendo sempre di più.

Celestia e Latlock, Bene e Male, erano due facce della stessa medaglia che si contaminavano a vicenda, quasi confondendosi. Paris non poteva fare niente per impedire quel loro rapporto simbiotico, poiché loro erano legati indissolubilmente. Eppure senza di lui non potevano stare. Era l’ago della bilancia, una presenza inscindibile.

Celestia era ora una donna forte, profondamente saggia e giusta, una donna che riusciva a risolvere ogni tipo di problema e che era in grado di far scendere sugli animi la calma, la serenità, anche solo con la sua presenza. Ma nonostante ciò, la sua personalità pacifica ne nascondeva una tormentata, e la presenza di Latlock non faceva altro che portare alla luce tutti i suoi angoli bui, distruggendo Celestia e rinforzandola allo stesso tempo.

Paris intanto non poteva fare altro che rimanere a guardare, dare man forte all’uno o all’altro, mantenendo un equilibrio ogni giorno più precario. Forse non c’era mai stata una speranza.

I due non erano più gli stessi, e la confusione stava uccidendo il loro legame a tre. Come se i villaggi riuscissero a sentire questo cambiamento, iniziarono tra di loro i primi tumulti. Ognuno voleva la supremazia sull’altro, così come succedeva fra i tre custodi che erano diventati squilibrati, ormai di uno squilibrio insanabile.

I Libri parlavano ai giovani raccomandando loro prudenza, ricordando a tutti e tre che il rapporto sarebbe sempre dovuto rimanere stabile, in completa uguaglianza, senza prese di posizione o sbalzi d’affetto. Un rapporto pieno di rispetto e di amicizia, umile, di parità e non di quell’amore che era pericoloso anche per un comune essere umano. Conservare questo tipo di legame era una promessa che tre ragazzini, così come tre uomini, non potevano mantenere.

I villaggi ora volevano di nuovo affrontare la guerra, e lo spirito originario capì che tutto questo era stata una maledizione.
I villaggi mandarono avanti i tre giovani che non vennero più chiamati custodi, ma guerrieri. I villaggi, che non si erano assegnati un nome per mantenere l’uguaglianza, ora portavano i nomi dei loro guerrieri.

I tre ragazzi furono costretti a combattere, a uccidere, utilizzando il potere sopito dei Libri: quell’energia misteriosa che sgorgava in loro, sin dalla nascita.
Celestia tentava di portare pace, ma era costretta ogni volta a fuggire, sporcata dal sangue degli altri uomini e del suo stesso sangue. Non poteva sopportarlo.

Un giorno era stata costretta a uccidere degli uomini che volevano portarsi via la vita di sua madre. E questo l’aveva scossa, il suo spirito era vacillato. Lei aveva provato soddisfazione e sollievo oltre che disgusto. Si accorse che si accaniva con sempre maggiore rabbia su quegli esseri umani e sentiva di star perdendo pian piano il contatto con sé, come se la guerra la stesse sporcando, e ancor peggio, come se fosse proprio da se stessa che partiva tutto quel male. Anche questo, non poteva sopportarlo. Non voleva essere così, proprio lei, la custode del Libro del bene. Non poteva avere lati oscuri, non lei.

Latlock godeva invece della morte di quegli uomini, il male dentro di lui stava prendendo sempre più spazio, contaminandolo come una macchia nera e appiccicosa, e sporcando anche il suo Libro. Accecato dall’avidità, combatteva ogni giorno, alla ricerca del potere. Voleva riunire i Libri in uno.

I tre ragazzi lo sapevano, lo percepivano che solo insieme potevano essere completi. Come se fossero stati separati in tre, venivano calamitati l’uno verso l’altro.
Una notte Celestia diede appuntamento agli altri due, al lago, lì dove si erano conosciuti. Quella era la notte in cui avrebbero compiuto tutti e tre diciotto anni.

Quel luogo era rimasto immacolato, silenzioso. Non era stato intaccato dalla guerra e dalla sporcizia di quel mondo.
Celestia respirò a fondo quell’aria pacifica cercando il coraggio.
Lì, di nuovo insieme, i tre guardarono il cielo tristemente, poi si gettarono a terra con i loro Libri, coperti dai peccati, e piansero a lungo uno nelle braccia dell’altro, fino al momento in cui la notte divenne più densa, fino a quando il nuovo giorno iniziò a sgranchirsi le gambe per iniziare il suo turno.

Quella notte le tre lune che brillavano in cielo sin dalla loro nascita, apparvero ancora più luminose, come se stessero donando ai loro tre figli la forza di fare ciò che andava fatto.
Si guardarono negli occhi, chiedendosi perdono e perdonandosi reciprocamente.

Poi, senza dire una parola, si alzarono, si abbracciarono ancora una volta, tenendosi stretti e baciandosi. Si guardarono tra loro, osservarono il lago con le tre lune che si riflettevano risolute ma tristi e si tolsero la vita.
Celestia, Latlock e Paris caddero nello specchio illuminato dai tre testimoni alti in cielo, colorandone le acque di sangue. Mentre i tre Libri sprofondavano nella terra, nascondendosi... morti dentro.
Quel luogo magico sembrò piangere la loro fine. Si accartocciò su se stesso, spegnendosi. Le tre lune voltarono le spalle e sbiadirono, sino a diventare di un bianco quasi trasparente, perdendo i colori che le tingevano e nascondendosi agli occhi indiscreti. Aspettarono...
I tre villaggi, dopo poco, ritrovarono i loro guerrieri galleggiare nelle acque a pancia in giù, ancora immersi nel loro sangue.
Piansero insieme, stretti l’uno contro l’altro.
I tre villaggi si riunirono per la prima volta, senza desiderio alcuno se non la pace. Il pentimento e il senso d’inutilità, li aveva attraversati uno a uno e la guerra era finita in quell’istante. Tirarono fuori dall’acqua i tre corpi e li seppellirono insieme, poi ricostruirono i tre villaggi, rimanendo in pace, a lungo.
Non cercarono i Libri, non li volevano. I tre custodi erano morti e quei volumi con loro.
Lo spirito originario rimase a guardare, mentre i tre pezzi di sé, sepolti e nascosti, sorpassavano le epoche successive. Fino a quando le tre famiglie discendenti, sangue del loro stesso sangue, non li trovarono e tre nuovi custodi nacquero, portando un equilibrio e uno squilibrio di cui ormai il pianeta si era impregnato. Scatenando sventure ben peggiori.
Era una storia che avrebbe continuato a ripetersi per altre generazioni... Fino a oggi.
Fino, forse, a una conclusione.



CAPITOLO 1

La storia si ripete sempre


“Quel libro dall’aspetto antico e del colore del mare agli occhi di chiunque poteva apparire come un normale volume, che aveva attraversato gli anni senza alcun clamore. Ma quando io ci poggiai gli occhi sopra, ne fui calamitata. Il ciondolo, incastonato sulla sua superficie, sembrò brillare non appena mi vide muovere i primi passi nella stanza, come fosse una presenza viva che aspettava solo me. Sentivo che mi stava chiamando”.

“Sta iniziando, Signore”.
“Bene”.
“Che forma prenderà questa volta?”
“Non ne ho la più pallida idea”.
Il Presidente pensò alle parole che aveva letto sul suo libro tanto tempo prima, dicevano che era stata la custode originaria - quella che per prima aveva rotto l’equilibrio decidendo di uccidersi per ristabilirne un altro - a influenzare la rivoluzione che sarebbe avvenuta. Ma in un mondo in cui quella custode non esisteva più, o come ormai credeva, era dormiente, quale sarebbe stato il cambiamento? Cosa si doveva aspettare?
Il Presidente ci pensava e ripensava. Il libro l’aveva avvertito che questa volta sarebbe stato diverso. Niente fucili, né terremoti. E allora cosa? Forzare gli eventi avrebbe sicuramente avuto delle conseguenze, e lui era pronto ad affrontarle.
“Pensa che in questo modo usciranno allo scoperto?”
“Non ne sono sicuro, ma credo che saranno costretti a farlo”.
L’uomo si poggiò sullo schienale della sua poltrona, visibilmente affaticato. Una vena gli calcava la fronte con insistenza, mentre la sua bocca era contorta in un’espressione di angoscia e incertezza. Occhio Rosso, fermo sulla superficie del libro, racchiuso in quel ciondolo dorato, lo controllava da lontano, come ogni giorno della sua lunghissima vita.

Il Presidente Reik era un uomo dall’età indefinibile, nessuno a Panopticon riusciva a ricordarla e nessuno si sforzava di provare a definirla. Appariva giovane e allo stesso tempo vecchio, vecchissimo, come se il suo corpo avesse lottato contro il tempo per tutta la vita, una lunga esistenza di sofferenza che non aveva potuto fare a meno di lasciare dei segni, di indebolire il suo spirito, di lasciare quell’immagine appannata e stanca, eppur forte di sé.

Il Presidente Reik si versò un bicchiere di liquore e lo buttò giù tutto d’un fiato, scostando dopo un attimo la bottiglia dalla sua traiettoria, poi premette le dita sulle sue palpebre chiuse e rimase così fino all’alba, a cercare di calmare quella rabbia e quella frustrazione che sembravano provenire da una persona che non era lui.

Viveva quel malessere cui opponeva la sua vana resistenza; una sofferenza che lo scuoteva e prostrava, che lo piegava e controllava, facendolo suo, da cui si lasciava guidare come una foglia dalla corrente di un fiume.

“Ti sento sempre più vicino”. Marin non poteva crederci. Era come se fosse accanto a lei.
“È perché il ragazzo sta arrivando”.
“Ora potremo...”.

“Cosa? Non possiamo fare materialmente nulla. Siamo Anime, Marin. Le loro Anime”.

“Stavolta è diverso. Lui sta arrivando e noi forse...”, la speranza stava fiorendo dentro Marin.
“Siamo Anime, non abbiamo più quel potere. Te lo ricordi?”
“Lo so. Che ti prende ora? Non sei stato mai così pessimista, e in questo momento non dovresti proprio esserlo. Stavolta è quella giusta. Non senti? Non è come Abel o gli altri”. Marin sentì scuotere il suo spirito, e una fitta d’angoscia la immobilizzò.

“Sta iniziando” disse Marin in ascolto.
Dessel si rabbuiò. Provò diverse sensazioni, una sferzata di speranza e un solo e unico pressante desiderio che sovrastava tutto il resto del suo sentire: essere libero o morire, morire davvero.

“Doveva succedere, prima o poi. La realtà è stata stabile a lungo”. Dessel sembrò tornare quello di sempre: sicuro e ottimista.
“Non credevo sarebbe successo così presto”. Marin era realmente incredula. Aspettava questo momento da tanto, tantissimo tempo. Eppure, ora che stava accadendo, era piena di dubbi.

“E come poteva essere altrimenti? Ma perché il Presidente ha aspettato così a lungo! Lui li vuole riunire, ne sono certo, vuole ritornare alle origini”.
“È R...”.

“Zitta! Non pronunciare quel nome. Conosci le conseguenze. Chiamalo Occhio Rosso”.
“Odio quel nomignolo” disse Marin con una smorfia, “mi ricorda ciò che è successo”. Lo aveva sempre detestato. “Comunque credo sia lui ad averlo trattenuto. Ha altri piani, lui non vorrà altro che uscire da qui, come noi”.

“Non poteva accadere che ora” disse Dessel sovrappensiero. “Adesso c’è lei e tu ti sei finalmente decisa a muoverti. Era ora”.
“Mi rimproveri forse qualcosa? Io ho tentato con Abel, ce l’ho messa tutta, ma non ne ha voluto sapere. È fuggito via. E poi sbaglio o l’hai fatto anche tu? Se ai tempi fossi rimasto, forse tutto questo non sarebbe successo”. Marin mise il broncio, il ricordo la infastidì. “Piantala, non puoi rinfacciare cose successe anni e anni fa. Dovevo andare via, stare lontano da voi due. E poi tanto lo sai che siamo inesorabilmente calamitati l’uno verso l’altra. Il ragazzo, infatti, è qui”, sospirò affranto. “Per quanto riguarda il professore, non aveva, purtroppo, l’attitudine giusta. Così come non l’aveva la nonna del ragazzo. Comunque ora tutto cambia”.

“Non sappiamo ancora com’è lei, né come si presenterà questa nuova guerra”.

“Sarà come l’aiuterai a essere”. Dessel ne era convinto. La speranza cominciò a fiorire prepotentemente dentro di lui, o dentro quello che ne rimaneva.
“Se quello che ho percepito è corretto, temo che non sarà così semplice”.

“Perché?”
“Quella ragazza ha qualcosa di buio dentro”.
“Come tutti noi”.
“È come il Presidente. E come colui che lo guida”.
“Ti sbagli. È impossibile. Non può essere come Occhio Rosso. Lui era un uomo malato ed è diventato un’Anima malata, che ora rispecchia esattamente il suo custode” aggiunse Dessel.
“Reik non era così. Non te lo ricordi forse? È il libro, è la presenza di Occhio Rosso ad averlo trasformato”.
“Si è fatto sopraffare perché anche lui è così”. Dessel era da sempre sicuro di questo e aveva capito istintivamente che cosa sarebbe successo. La sua era solo una sensazione, che si rivelò poi giusta. “Sofia è uguale a loro, percepisco che è così”. Si sentì prigioniera. “Comunque ti sbagli”. Dessel non poteva crederci. “Se è veramente chi pensiamo, allora non può essere, poiché sarebbe una contraddizione. Ti sbagli”.
“No, purtroppo. E molto presto te ne accorgerai”. Poi aggiunse in un sussurro: “L’aspetto da sempre. Se solo Abel le avesse lasciato il libro prima... se solo mi avesse lasciata andare. Eppure ora non può più tenermi con sé”.
“Siamo noi la generazione che ha cambiato tutto. Ora non siamo altro che delle Anime rinchiuse dentro a degli oggetti. È ciò che ci meritiamo” disse Dessel assorto.

Marin sospirò, o almeno le sembrò di farlo, come se riuscisse ancora a percepire il suo corpo.
Come se un corpo ancora ce l’avesse.

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