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Un oscuro scrutare (P. K. Dick, 1977)

Posted by Ilaria Pasqua on September 21, 2015 at 3:55 AM

           «Che cos’è l’identità? Dove finisce la commedia? Chi può saperlo»

 

                                      

                                  

Nella Los Angeles del 1994 gira una droga misteriosa, la sostanza M, che semina morte e distruzione. Bob Arctor, agente della sezione narcotici che lavora sotto copertura, si infiltra tra i tossici per scoprire la fonte del traffico, questo grazie a un abito sofisticato (la tuta disindividuante) che permette di nascondere la sua identità agli altri e addirittura di spiare se stesso nella sua versione di “drogato”. È così allo stesso tempo Fred, il nome con cui riferisce alla centrale le informazioni raccolte come agente, ma anche l’infiltrato tossico Bob Arctor.

Arctor riuscirà a raggiungere la verità dopo un percorso oscuro fatto di dipendenza e disperazione.


Un oscuro scrutare sicuramente rappresenta un unicum nella letteratura di Philip K. Dick che non ha mai digerito per questo suo scritto, come viene chiarito nel prologo, l’etichetta di “romanzo di fantascienza”. Tutti i torti non li ha perché qui non siamo di fronte a una storia di fantascienza (anche se è ambientato in un futuristico 1994) ma a una storia di dipendenza. Un viaggio buio e disilluso di tutta quella generazione che è caduta nelle grinfie della droga, fino a raggiungere l’annullamento di sé, l’autodistruzione. Questo è un libro dall’eco autobiografico e si percepisce a fondo l’amarezza di Dick, il triste canto dedicato a tutti i suoi amici morti che compaiono anche in una straziante nota alla fine della storia.

È splendido, profondo, cupo, devastante, carico di riflessioni introspettive dei protagonisti sul mondo di allora (e di oggi), sulle droghe, sulla dipendenza e sulla manipolazione da parte di una società cinica.

 

"L'abuso della droga non è una malattia, ma una decisione, come quella di andare incontro ad una macchina che si muove. Questo non si chiama malattia, ma mancanza di giudizio."

 

La sostanza M, non a caso M di morte, conduce velocemente alla perdita di coscienza, si smarriscono i confini della propria identità, proprio come succede a Bob/Fred, che ormai sotto gli effetti della droga si perde tra le sue due facce e si ritrova a osservare se stesso come se fosse un altro. Poliziotto e sospettato si inseguono senza sosta scindendosi del tutto e causando un totale blackout nella mente del protagonista.

Dopo il crollo completo, la disgregazione dell’identità, l’abbattimento dell’io, non resta che la morte o l’inquietante comunità di recupero, unica ancora di salvataggio per i poveri drogati che verranno da lì “ricostruiti” e inseriti in un cerchio senza fine che ha sempre e comunque la droga M al suo centro.

 

"Quando un certo errore comincia a essere commesso da un bel po' di persone, allora diviene un errore sociale, uno stile di vita. E in questo particolare stile di vita il motto è: 'Sii felice oggi perché domani morirai'; ma s'incomincia a morire ben presto e la felicità è solo un ricordo."

 

Ciò che aiuta questa scissione è la tuta disindividuante, invenzione geniale della storia, un congegno capace di nascondere le sembianze dell’individuo e di renderlo “nullo” di fronte alla società che non può riconoscerlo, ma anche invisibile a se stesso. Il suo scrutare si fa irrimediabilmente sempre più oscuro e senza speranza. L’oscuro scrutare è proprio questo: l’impossibilità di guardare nelle profondità di se stesso e del proprio animo, la visione sempre più distorta e confusa a cui ci si deve arrendere perché non esiste via d’uscita, “e così saremo spinti verso la morte, conoscendo poco o nulla, e quel poco, e quel nulla, conoscendolo male”.

 

“Ogni singolo uomo vede soltanto una piccola porzione della verità complessiva; e molto spesso in realtà quasi sempre, egli deliberatamente s’inganna anche su questo piccolo prezioso frammento. […]

Io vedo solo tenebre. Tenebre tutt’intorno: tenebre dentro”.


Ennesimo potente capolavoro di Philip Dick.



 

Incipit:

Una volta un tizio stette tutto il giorno a frugarsi in testa cercando pidocchi. Il dottore gli aveva detto che non ne aveva. Dopo una doccia di otto ore, in piedi un'ora dopo l'altra sotto l'acqua bollente a sopportare le stesse pene dei pidocchi, uscì e s'asciugò, con gli insetti ancora nei capelli; anzi ne aveva ormai su tutto il corpo. Un mese più tardi gli erano arrivati fin dentro i polmoni.


 

Categories: - Settembre 2015

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