American Sniper (C. Eastwood, Usa 2014)
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"Sai, è una cosa grossa fermare un cuore che batte!"
American Sniper pur non volendo è stato un film controverso. Prima di vederlo ho letto una gran quantità di recensioni, poi però ho cancellato tutto e sono andata in sala a mente sgombra. Il risultato? Non mi trovo d’accordo con chi gli ha dato e continua a dargli addosso.
Chris Kyle è un texano che vive cavalcando tori ma ha anche una mira infallibile. Così decide di arruolarsi nelle forze speciali Navy Seal, in un periodo particolare della storia degli Stati Uniti, la fine del millennio, e l’inizio tragico del nuovo.
Suo padre non ha mai smesso di ripetergli che c’è chi è nato pastore, con la missione di proteggere i più deboli, e chi lupo. Lui è un pastore.
Nel 2003 è ufficialmente operativo in Iraq dove combatterà per sei anni e quattro turni, diventando uno dei più famosi e proficui (166 le morti accertate) cecchini della storia americana.
Togliamoci subito il sassolino dalla scarpa. Questo non è un film propagandistico, non è assolutamente a favore della guerra e tantomeno patriottico. Non storcete il naso, è così. Le intenzioni di Clint Eastwood non sono quelle. Non è successo solo con Clint Eastwood e lui non sarà di certo l’ultimo. Con i film di guerra ambientati nel periodo recente noi italiani abbiamo sempre qualche problema, sembra. A volte abbiamo anche ragione eh, ma questo non è il caso.
Clint Eastwood con il suo American Sniper dà una panoramica cruda della guerra con le sue regole assurde e impossibili. Una vera denuncia che passa attraverso gli occhi del cecchino quando è lì su quel tetto a decidere se togliere una vita o no, a sussurrare a quel bambino di andare via, di non raccogliere quell’arma. Perché lo sa. Fermare un cuore che batte è una cosa grossa, molto grossa.
E Clint denuncia oltretutto, il che è ancora più provocatorio, attraverso un uomo che credeva all’ennesima potenza in ciò che faceva, credeva nel suo mestiere e in quello che significava. Ed è forse qui il patriottismo? Solo perché Chris Kyle era un vero "soldato"? Istruito e cresciuto per difendere gli altri? E che forse alla fin fine, quando nel 2013 era di nuovo a casa e se ne girava per i talk show, non era poi così modesto come appare nel film? Clint Eastwood decide di tagliare questa parte, il rapporto con i media, perché non serviva ai suoi scopi. Il personaggio Chris Kyle, ripulito dal post guerra, doveva essere esplicativo di ciò che aveva in mente.
E così il cecchino protegge le spalle dei marines che entrano di casa in casa, combattendo contro i nemici e contro una paranoia sempre più forte e spietata. E sogna, ingenuamente, un mondo perfetto dove non ci siano più lupi. Torna a casa più e più volte, da sua moglie e dai suoi figli, cercando di vivere normalmente, di riprendere davvero fiato, ma non riesce perché la guerra rimane dentro. Alla fine però è lui ad averla vinta, sconfigge il disturbo post traumatico, il disorientamento a cui la guerra porta, restando aggrappato alle persone che hanno fatto la guerra, piuttosto che alla guerra stessa. Aiutando gli altri si redime. Poi però la beffa e la dimostrazione finale dell’assurdità della guerra, Chris viene ucciso dal proprio Paese, dal fuoco di un soldato come lui.
Bradley Cooper, appesantito sino quasi a non riconoscerlo, è l’esatto volto, un misto di coraggio, senso del dovere, ingenuità e fede incrollabile. E Clint Eastwood non giudica, per ogni luce traccia un’ombra, e riesce perfettamente a restituire un quadro che coglie ogni sfumatura.
Per me perciò American Sniper è un film che va visto, almeno per costruirsi una propria opinione.
Trailer italiano:
Trailer originale:
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Categories: - Febbraio 2015