Grand Budapest Hotel (W. Anderson, Usa 2014)
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Nell’immaginaria Zubroska si erge il Grand Budapest Hotel, gestito da Monsieur Gustave, un perfetto concierge che ha grande confidenza con tutti gli ospiti di questa grande struttura, soprattutto con le signore attempate. Più anziane sono e meglio è.
Una di queste, Madame D., muore improvvisamente, lasciandogli in eredità un costoso quadro. Il figlio della donna, Dimitri, lo accusa però di omicidio scatenando il suo tirapiedi mastino. È così che iniziano le rocambolesche avventure di Monsieur Gustave che finirà inizialmente in prigione. Il suo lobby boy Zero per fortuna non lo abbandonerà.
Questo film di Wes Anderson, l’ottavo, è dedicato a uno scrittore austriaco degli anni 20'-30' Stefan Weig. È a una delle sue opere che si ispira.
Grand Budapest Hotel mi ha ricordato subito quel tipo classico di commedia che tanto manca in questi tempi moderni, quelle alla Lubitsch, alla Wilder o alla Chaplin, per intenderci, con quel ritmo magnifico da slapstick comedy che non ti dà tempo di respirare.
I personaggi sono spinti in situazioni avventurose che si susseguono senza sosta, in scenari super colorati che sembrano veri e propri quadri. Ogni scena uno splendido dipinto tutto da gustare. Lo stile di Wes è unico, tutto basato sulla simmetria delle immagini, sulla precisione e sul rigore.
Grand Budapest Hotel è una commedia raffinata, intelligente e allo stesso tempo leggera, venata da un’ironia elegante, da un sarcasmo appena mascherato, un film che sembra una favola carica di azione e humor dove realtà e immaginazione si mescolano.
Un film in cui i le scene e i set dettagliati si inseguono, in una costruzione a scatole cinesi con un tema unico: la memoria. Tre scatole una dentro l’altra: la ragazza che legge il libro dello scrittore. Lo stesso scrittore anziano che racconta le vicende narrate. Anche lui le apprenderà da un’altra persona. Infine il giovane e solitario scrittore che diviene a sua volta ospite del Grand Budapest Hotel. Nell’hotel degli anni ’60 incontrerà poi Zero, ora proprietario, che narrerà la sua storia. Infine l’ultimissima scatola, la storia vera e propria. Ma non solo, riesce a far incrociare anche storia fittizia e storia reale, ed ecco che nell’immaginaria cittadina di Zubrowka si fa strada un plotone simil nazista. Uno stile narrativo di certo non nuovo, ma quando usato così bene davvero affascinante.
Per la prima volta il rapporto tra genitori e figli, tema carissimo di Wes, è rimasto completamente fuori dalle vicende. Tutto si concentra sull’accoppiata Monsieur Gustave/Zero, anche se tra loro si instaura quasi un rapporto genitoriale. Gustave prende il ragazzo sotto la sua ala e si sviluppa un bel rapporto d’amicizia e comprensione.
E gli attori? Una galleria infinita di facce, non solo per varietà ma anche per qualità, a partire da Ralph Fiennes, passando per Owen Wilson, Adrien Brody, Bill Murray, Saoirse Ronan, Tilda Swinton (irriconoscibile), Edward Norton, Jason Schwartzman, Willem Dafoe, Lea Seydoux, F. Murray Abraham, Tom Wilkinson.
Preciso, ordinato, geometrico, simmetrico, colorato, affascinante, irresistibile.
Segnalo questo interessantissimo video sulla simmetria nei film di Wes Anderson.
Trailer italiano:
Trailer originale:
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Categories: - Febbraio 2015