Marziani, andate a casa! (F. Brown, 1955)
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“Luke andò alla porta, l’aprì e guardò fuori: c’era una luna splendente. In un primo momento non vide nessuno, poi abbassò lo sguardo…”
Luke Deveraux ha un serio problema: dopo essersi separato da sua moglie non riesce a iniziare il romanzo di fantascienza di cui ha già percepito l’anticipo. Così decide di ritirarsi in un capanno sperduto, per ritrovare a ogni costo l’ispirazione, magari aiutandosi con qualche bicchiere di whiskey.
Dopo giorni passati a tormentarsi finalmente il barlume di una buona idea, qualcosa che riguarda i marziani, ma proprio quando cerca di catturarla nella sua mente qualcuno bussa alla porta: è un ometto verde. Un marziano.
Questo è l’inizio di un incubo, i marziani compaiono dappertutto sul pianeta e nessuno è in grado di ucciderli o scacciarli. Porre una barriera è impossibile. Così inizia una convivenza forzata che porta il pianeta al collasso. Infatti questi marziani sono impiccioni, volgari e fastidiosi e sembrano godere nel mettere in imbarazzo gli esseri umani, disturbandoli nei momenti meno opportuni.
Mentre tutto crolla a una velocità vertiginosa, c’è chi tenta di cercare dei rimedi. Qualcuno riuscirà nel suo intento di scacciare i marziani?
Questo Marziani, andate a casa! è un romanzo breve di fantascienza umoristica, un genere davvero difficile da scrivere, perché cadere nel ridicolo è facile, ma parliamo di Fredrick Brown. Chi meglio di lui? Per me rappresenta in assoluto il migliore in questo genere. E come sempre non delude. Dopo aver letto con immenso divertimento AAA Asso interplanetaria di Robert Sheckley, non ho potuto fare a meno di passare a quest’altro lavoro, cult della fantascienza umoristica, senza nessuna remora o preoccupazione. Sapevo che mi sarei divertita, e così è stato.
Un tema forte e trattato sempre con i guanti come l’invasione dei marziani, qui viene del tutto smontato e ricostruito. Brown si diverte un mondo a tracciare situazioni, a mostrare le reazioni esagerate e non degli esseri umani alle prese con questi piccoli ometti verdi, insopportabili.
I suoi marziani sono come non ci si aspetta: infantili, fastidiosi, dispettosi, peggio di un bambino, perché in fondo davvero cattivi e maligni.
È divertente seguire le varie ipotesi sulla loro natura, e gli sforzi che tutti fanno per cercare un dialogo o per ucciderli. Quasi quanto è fastidioso seguire le azioni di questi elementi molesti senza sapere se la loro presenza sia frutto di una qualche curiosità o se lo scopo sia più profondo. Insomma: cosa vogliono? Rompere le scatole al prossimo o invadere?
Il finale poi è davvero bellissimo: lascia il dubbio, rovesciando più di una volta la visione delle cose.
Brown riesce a centrare di nuovo il bersaglio. Questo suo racconto breve è ironico, divertente e dissacrante, pieno di situazioni irresistibili. Si legge con facilità e come ogni volta, appena terminata la lettura, si sente il cuore leggero.
Incipit:
Il tempo: Una sera del 26 marzo 1964, un martedì.
Il luogo: Una capanna di due stanze nel deserto, vicino a Indio, in California, ma non troppo vicino, poiché dista quasi un miglio dall’abitazione più vicina, e circa centocinquanta miglia a est e leggermente a sud di Los Angeles.
Si alza il sipario sul nostro palcoscenico. Sulla scena vediamo Luke Deveraux, solo.
Perché incominciamo proprio con lui? E perché no; bisogna incominciare da qualcuno. E Luke, in qualità di Scrittore di fantascienza, avrebbe dovuto essere molto più preparato della maggioranza delle persone, a quello che stava per accadere.
Categories: - Settembre 2014