The Butler (L. Daniels, Usa, 2013)
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"In qualsiasi momento un bianco poteva uccidere uno di noi e restare impunito...la legge non era dalla nostra parte...la legge era contro di noi."
The Butler racconta la storia di Cecil Gaines, un uomo di colore scappato dal lavoro nelle piantagioni di cotone che sarà nel corso della sua vita il maggiordomo personale di un gran numero di presidenti. Vedrà le epoche passare dall’interno della Casa Bianca mentre fuori si scatena la battaglia per i diritti civili degli afroamericani.
Sinceramente questo film non mi è piaciuto molto, purtroppo. Sono andata a vederlo con tutte le buone intenzioni e ne sono uscita piuttosto delusa.
L’idea, oltretutto tratta da una storia vera, di un ragazzo di colore cresciuto nelle piantagioni che diventa prima un servo di casa, poi un maggiordomo della Casa Bianca che osserva dall’interno i mutamenti nel governo e i riflessi che questi hanno sulla vita di tutti i giorni degli altri cittadini, della sua famiglia e via dicendo, è intrigante e ne poteva uscire fuori davvero qualcosa di buono. Invece il film mi è sembrato molto scontato. Le parti più sopportabili, quelle sicuramente più riuscite, sono quelle che riguardano l'integrazione razziale degli afroamericani, le proteste portate avanti dai giovani, fino ai limiti della violenza, le trasformazioni di un paese ancora razzista e pieno di limitazioni. L'America segnata dalle rivolte è ciò che il film cerca di rappresentare nei minimi dettagli, si ripercorrono gli eventi e i cambiamenti della scena socio-politica americana: dall’assassinio di John F. Kennedy e di Martin Luther King, ai movimenti delle Black Panther, dalla Guerra del Vietnam allo scandalo del Watergate. E in questo scorre, anche se ripete il concetto un po' troppe volte.
Ciò che ho trovato veramente fastidioso è stato il tono celebrativo, il fatto che sembri andare perennemente alla ricerca di un facile sentimentalismo. Cerca in tutte le maniere la strada della commozione, e sentirsi spingere a tutti i costi in quella direzione non è proprio il massimo. Molte scene le avrei eliminate proprio del tutto. Il film è anche troppo lungo, avrei tolto più di una ventina di minuti, e il cast è numeroso quanto inutile. Gli attori, se non famosi almeno conosciuti, sono tanti (Lenny Kravitz, Oprah Winfrey, John Cusack, Jane Fonda, Cuba Gooding Jr., Lenny Kravitz, Mariah Carey, il premio Oscar Vanessa Redgrave, Terrence Howard, Alan Rickman, Alex Pettyfer, James Mardsen, David Oyelowo, Liev Schreiber e il premio Oscar Robin Williams), e alcuni poco sfruttati, quasi comparse. Anche se è allettante chiaramente ritrovarsi davanti tutti questi volti noti.
Il parallelo tra le due scelte di vita diverse di padre e figlio, uno maggiordomo, l'altro rivoluzionario, è bello da seguire. Il maggiordomo è visto dal figlio come uno schiavo dei bianchi quasi senza dignità, apparentemente immobile al centro dei cambiamenti, semplice osservatore della storia, ma alla fine arriveranno a comprendersi. Il vecchio maggiordomo impartirà al figlio una lezione importante, gli insegnerà che il cambiamento non si concretizza solo con la violenza. Esistono altre strade.
Il film a mio parere si salva grazie a un come al solito magnifico Forest Whitaker, molto intenso, e per quelle parti di storia di cui ho parlato poco sopra. E forse anche per la testimonianza lasciata dalla storia sulla vita privata dei presidenti, su ciò che accadeva "dietro le quinte" a quei grandi uomini visti sempre e solo attraverso uno schermo.
Si trasforma, in particolare nella seconda parte, in un film conformista, banale e carico di ovvietà. Il finale soprattutto l'ho trovato forzatissimo, quasi uno spot pro Obama. Ne capisco il senso, ma quando è troppo... è troppo.
In conclusione The Butler è un film politically correct fino alla nausea, dalla regia classica, poco riuscito secondo me. Un film dimenticabile che sa di già visto. Una mezza delusione.
Trailer italiano:
Trailer originale:
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Categories: - Febbraio 2014