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Legami di sangue - Kindred (O. Butler, 1979)

Posted by Ilaria Pasqua on August 6, 2013 at 5:45 AM

"Il guaio ebbe inizio molto prima del 9 giugno 1976, quando ne divenni consapevole, ma il 9 giugno è il giorno che ricordo. Era il mio ventiseiesimo compleanno. Fu anche il giorno in cui incontrai Rufus - il giorno in cui mi richiamò a sé per la prima volta"


                                         


Legami di Sangue di Octavia Butler è un libro semisconosciuto. Ho avuto la fortuna di leggerlo per un esame all’università, anni fa. Mi è risaltato in mente questa mattina e mi sono detta: perché no?


“Mi sedetti immobile, respirai profondamente, cercando di calmargli, credendogli. Gli credevo. Non ero nemmeno così sorpresa come avrei dovuto essere. Avevo già accettato il fatto di aver viaggiato nel tempo. Ora sapevo di trovarmi più lontana da casa di quanto avessi pensato”


Nel giorno del suo ventiseiesimo compleanno, il 9 giugno 1976, Dana svanisce per alcuni minuti davanti agli occhi inorriditi del marito Kevin e, dalla loro casa in California, si ritrova catapultata nel Sud schiavista degli Stati Uniti dell’Ottocento, precisamente nel Maryland, poco prima della Guerra Civile. E continuerà a essere richiamata, apparentemente senza motivo, in quel mondo violento del passato dove dovrà vivere in prima persona gli orrori della schiavitù.

Inizialmente non riesce a darsi una spiegazione di questi salti nel tempo, poi riuscirà finalmente a capire che è lì per un motivo ben preciso: a chiamare Dana è, infatti, un ragazzino bianco e figlio di proprietari di schiavi, Rufus, che lei capirà di dover proteggere, fino a quando egli non avrà da una schiava la figlia da cui poi discenderà lei stessa. Rufus la chiamerà più volte nell’arco della sua vita, e i viaggi nel tempo finiranno per farla assentare da casa sempre più a lungo e soprattutto diventeranno sempre più pericolosi. Dana rischia di morire in un passato che non ha ancora piantato il seme della sua discendenza.

Dana cerca di comportarsi come un’osservatrice, distaccata dagli eventi, ma verrà coinvolta nella realtà della schiavitù in prima persona, sarà costretta ad accettarla, e imparerà a sopravvivere come meglio può, facendo suoi i meccanismi mentali della gente di quel tempo. Anche il rapporto con Rufus sarà difficile perché il ragazzino, se pur sensibile, crescendo finisce per pensarla sui neri così come la pensano tutti i bianchi dell’epoca. Si forma così un legame ambiguo e altalenante, che è solo un’ombra di un legame di sangue, e influenzarlo, spingerlo a prendere le decisioni giuste sarà quasi una missione impossibile per Dana, una donna nera che tenta di mantenere intatta la sua dignità. Ma andando avanti Dana sarà sempre più “schiava della schiavitù”, non riuscirà più a pensare, perché la schiavitù è anche “un lungo e lento processo di ottundimento”. E tornerà nel presente profondamente cambiata nel corpo, ma soprattutto nell’anima, nella consapevolezza di se stessa e della storia a cui appartiene.

 

“Il dolore mi fece riprendere i sensi. In principio, era tutto ciò di cui ero consapevole; ogni parte del mio corpo mi faceva male. Poi vidi un viso sfocato sopra di me – il viso di un uomo – e mi assalì il panico. Mi allontanai strisciando, colpendolo con calci, graffiando le mani che si allungavano per prendermi, cercando di mordere , facendo dei balzi in alto verso i suoi occhi. Ora potevo farlo. Potevo fare qualunque cosa”


Legami di Sangue più che un libro di fantascienza è un potente romanzo sulla schiavitù, come dice la stessa autrice: “una sinistra fantasia” che ha l’ambizione di ricostruire anche dal punto di vista storico ciò che la sua gente ha vissuto. Il viaggio nel tempo è un bell’espediente per mettere in relazione presente e passato, e anche le insospettate e inquietanti continuità che ne accorciano le distanze.

Sicuramente non è un libro esente da difetti, ma non si notano, tanto si è presi dalla storia. La Butler ci spinge in questo viaggio tra presente e passato impedendoci di abituarci però alla realtà in cui ci si trova, si prova lo stesso estraniamento di Dana di fronte a un’epoca di cui si è solo letto. Ma lo straniamento continua in un presente che, alla luce del passato e della sua storia, risulta diverso, talmente lontano da non riuscire a percepirlo come vero, o almeno uguale a prima.

Con il suo stile avvolgente e scorrevole, la Butler ci spinge a ricordare e comprendere un periodo della storia che viene troppo spesso dimenticato e spogliato dei suoi attributi, costringendoci a infilarci nei meccanismi, nella stessa anima di vittime e carnefici, illuminandone ogni angolo buio. Vuole sradicare i pregiudizi che ancora esistono, mostrarci le ferite del razzismo mai sanate e sempre ben nascoste, comprendere a fondo quali sono gli strascichi e le implicazioni e, forse, finalmente guarire.


 

“Potevo sentire il coltello nella mia mano, ancora scivolosa per il sudore. Una schiava era una schiava. Le si poteva fare qualsiasi cosa. E Rufus era Rufus – incostante, alternativamente generoso e malvagio. Potevo accettarlo come antenato, come fratello minore, come amico, ma non come padrone, e non come amante. Una volta questo l’aveva capito”





Adattamenti cinematografici: no





Incipit:

Ho perso un braccio nel mio ultimo viaggio a casa. Il braccio sinistro.

Ho anche perso quasi un anno di vita; e la tranquillità e la sicurezza che non avevo mai apprezzato fino a quando non le ho perdute. Quando la polizia lo ha rilasciato, Kevin è venuto subito all’ospedale ed è rimasto con me in modo che mi convincessi di non aver perso anche lui.

Ma prima che potesse venire da me, ho faticato per convincere gli agenti a scarcerarlo. C’è voluto parecchio tempo.

I poliziotti erano ombre che comparivano a intermittenza accanto al mio letto per farmi domande che faticavo a comprendere.

— Come si è ferita al braccio? — mi hanno chiesto. — Chi l’ha ferita in quel modo? — La mia attenzione era catturata dal vocabolo che usavano: ferita. Come se mi fossi fatta un graffio.

Forse non sapevano che ero al corrente d’averlo perso?

— Un incidente — mi sentii sussurrare. — È stato un incidente.

Cominciarono a farmi domande su Kevin. All’inizio le loro parole mi sembrarono confuse e non vi prestai molta attenzione.

Ma dopo un po’ le ripetei tra me e me, e mi resi improvvisamente conto che stavano cercando di accusare Kevin per la mia “ferita” al braccio.

— No — scossi debolmente il capo contro il cuscino. — Non Kevin. È qui? Posso vederlo?

Mi sforzavo di pensare malgrado i tranquillanti che mi avevano sommi-nistrato e il dolore di sottofondo, ma non riuscivo a trovare una spiegazione plausibile… una a cui avrebbero potuto credere.

— Un incidente — ripetei. — È stata colpa mia. Non di Kevin. Per favore, lasciatemelo vedere.

Ripetei le stesse cose fino a quando le ombre dei poliziotti mi lasciarono sola; al mio risveglio trovai Kevin appisolato accanto al mio letto. Mi chiesi da quanto fosse lì, ma non era molto importante. La cosa importante era che fosse lì. Mi riaddormentai, sollevata.

Alla fine, mi svegliai con la sensazione che sarei riuscita a parlargli in modo coerente e a capire quello che mi avrebbe detto. Mi sentivo abbastanza bene, a parte la strana pulsazione al braccio. O meglio, al punto in cui prima c’era il mio braccio.

Mossi la testa e cercai di guardare verso quel vuoto… il moncherino.

Kevin era in piedi e mi aveva preso il viso tra le mani, costringendomi a guardarlo.

Non disse nulla. Dopo un attimo si sedette di nuovo, mi prese la mano e me la strinse.




Adattamenti cinematografici: no



Se ti è piaciuto Legami di sangue - Kindred ti consiglio:

- Amatissima (T. Morrison, 1987)


 

 


Categories: - Agosto 2013

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