Still Life (U. Pasolini, Regno Unito/Italia 2013)
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John May fa un lavoro inusuale ma che ama molto, è un impiegato statale addetto all’organizzazione dei funerali di persone morte in solitudine. Un giorno però viene licenziato ed è costretto a fare i conti con se stesso.
La vita di John scorre tranquilla e ordinata, scandita dai ritmi quotidiani ben precisi. Lavora solo ed è bravissimo in quello che fa, è meticoloso e ha uno sguardo distaccato quanto coinvolto, lui restituisce a quelle persone sole una loro dimensione. Ai funerali presenzia con lunghi encomi che arricchiscono vite altrimenti vuote.
Ma all’improvviso un lavoro così importante, e allo stesso tempo silenzioso, viene tagliato via di netto. Prima di andare però John si attacca al suo ultimo caso, la morte di un certo William Stoke. Vuole a ogni costo risolverlo per andar via senza rimpianti.
Questo film è molto delicato e attraversato da una malinconia fortissima. John è un raccoglitore di memorie, lui quelle persone morte sole finisce per conoscerle, da 22 anni cura i loro funerali, cerca contatti con il loro passato nella speranza che almeno un figlio, un vecchio amico diano senso a delle morti che nessuno meriterebbe. Il caso William Stoke, forse perché ultimo, diviene speciale, ci si affeziona, e proprio grazie a quest'ennesima morte silenziosa inizia finalmente a immaginare un futuro, non da solo, immerso in quell’atmosfera mortifera, in quella malinconia fatta di foto ingiallite, vecchi ricordi in case tristi e deserte.
Uccide quella solitudine che ha riempito la sua vita da sempre. Ha fatto tanto per tutte quelle persone morte sole, e quando arriverà il suo turno… la scena più commovente e indimenticabile del film.
Still Life è un piccolo gioiello per nulla scontato, struggente e nostalgico, semplice e ricco di sfumature, recitato intensamente da Eddie Marsan con quel suo sguardo pietoso da uomo solo e all'apparenza senza speranza che restituisce allo spettatore un’intensità commovente.
Categories: - Giugno 2015