Il Regno dei Sogni e della Follia (M. Sunada, Giappone 2013)
|
“Facendo un film l’infelicità è assicurata”
Un viaggio particolare e bellissimo. Questo ci ha permesso "Il Regno dei Sogni e della Follia”, docu-film della regista giapponese Sunada Mami.
Per tutti i fan del maestro è un sogno che si avvera, superare le porte dello Studio Ghibli e osservare il lavoro quotidiano, il momento preciso in cui i sogni prendono forma e si trasformano in un film.
La macchina da presa gironzola per lo Studio proprio come il simpatico gatto dalla coda mozzata, getta un occhio qua e là, soffermandosi sui foglietti di incitamento attaccati ai muri, sul silenzio, sulle spalle concentrare del maestro, e si avvicina solo quando pensa sia possibile farlo. Un lavoro che sembra tentare di carpire il segreto che ha reso i film d’animazione di Hayao Miyazaki così speciali.
Alle immagini di routine che mostrano il maestro e il suo staff al lavoro, si alternano le interviste a Miyazaki e al suo braccio destro Suzuki Toshio, l’amico di sempre e anche il produttore di tutti i film dello studio, la mente che riesce ad aiutare il maestro a concretizzare le sue visioni creative. Un manager veramente particolare e incredibilmente competente che sa come far andare avanti quella macchina dei sogni, che è capace di presentare i lavori del maestro come se fosse lui stesso a farlo. Bella e intensa la profonda sintonia piena di rispetto che li lega, quasi salta fuori dallo schermo e ci permette di scoprire il loro passato, quei momenti di incoscienza, la scintilla che ha reso possibile la nascita di quella realtà.
Lo sguardo su Hayao Miyazaki è curioso, ingordo ma mai invadente. La macchina da presa lo riprende mentre disegna e si lamenta, mentre si chiede “cosa sto facendo”, lo segue quando torna a casa e si accorge che le capre peluche di Heidi (super amate dai bambini dell’asilo vicino) sono ancora alle finestre ad aspettarlo e a "fare ciao", lo segue nei suoi monologhi, riprende le sue riflessioni sul suo lavoro, sulla dura attualità, sulla vita e sulla morte. Coglie momenti intimi preziosi, sguardi intensi, i momenti carichi di dubbi, quelli invece di rilassamento, e ci si incanta a seguire il fumo della sua sigaretta alzarsi verso il cielo mentre se ne sta in silenzio sul bellissimo tetto dello Studio, o mentre guarda fuori dalla finestra il vecchio albero che copre la facciata.
La regista si affaccia sul tavolo di lavoro del maestro con timidezza e profondo rispetto, cercando di riprendere il filo dei suoi pensieri, il suo modo di ragionare, a volte con timidezza pone qualche domanda, a volte lo osserva semplicemente in silenzio, come se il tempo si fosse fermato, o come se non fossero necessarie altre parole.
Il momento poi è delicato, perché questo docu-film si svolge durante la lavorazione del suo ultimo film, “Si alza il vento”, e la malinconia, quella struggente nostalgia del passato, sono ben tangibili, influenzano l’aria intorno, i pensieri e i disegni. Non solo l’ultimo film di un uomo che sa di essere ormai arrivato al suo capolinea creativo, più per età che per creatività a dirla tutta, ma quasi una summa del suo lavoro in cui è inevitabile sfiorare l’autobiografia. Ma al centro di questo docu-film anche il rapporto "storico" e conflittuale con l'altro grande maestro dell'animazione, Isao Takahata, l'influenza su Miyazaki, la sua importanza nello Studio nonostante l'assenza e spesso il silenzio, come in questo caso.
Il ritratto che ne esce è quanto di più contraddittorio possa esistere, Hayao Miyazaki appare un uomo disilluso, cinico, persino pessimista, e allo stesso tempo un idealista impenitente che non riesce a fare a meno di sognare, un uomo che guarda la realtà con occhi completamente diversi dagli altri e che a volte sembra quasi inconsapevole del suo ruolo, come nel momento degli applausi, quando li ignora e torna al piano di sopra a lavorare. Un artigiano che ama profondamente il suo lavoro, e che non può farne a meno perché quei sogni sono tutta la sua vita, sono la materia di cui lui è fatto.
“Il Regno dei Sogni e della Follia“ è quindi, a mio parere, un docu-film di inestimabile valore, un salto nel passato dello Studio Ghibli e dei suoi creatori, ancora giovani e pieni di incoscienza, “folli” ed appassionati, un dietro le quinte unico, poetico ed emozionante, che farà battere il cuore ai fan del maestro e non.
Trailer italiano:
Categories: - Maggio 2015