La Teoria del Tutto (J. Marsh, Usa 2014)
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"Non ci dovrebbero essere limiti alla ricerca umana. Siamo tutti diversi. E per quanto la vita possa sembrare cattiva, c’è sempre qualcosa che si può fare e riuscirci. Finché c’è vita, c’è speranza."
1963. Nell’Università di Cambridge studia uno studente promettente, Stephen Hawking, laureando in fisica e appassionato di cosmologia. Un giorno incontra Jane ed è amore a prima vista, nonostante nutrano convinzioni del tutto diverse: lui crede solo a ciò che si può dimostrare, è un ateo, mentre lei invece ha una profonda fede in Dio. Ma niente riesce a scalfire quel profondo rispetto e complicità che si instaura tra i due. La coppia però sarà costretta a fare i conti con la malattia di Stephen, un disturbo neurologico che porterà a un graduale decadimento delle capacità motorie.
Questo è il periodo dei biopic. Abbiamo avuto solo nell’ultimo mese American Sniper, The Imitation Game e ora La Teoria del Tutto, che purtroppo tra tutti a mio parere è il meno riuscito.
Dagli altri si differenzia solo per un fattore: parla di un personaggio, l’astrofisico Stephen Hawking che è vivo e vegeto.
E forse questo è il motivo per cui il film oscilla tra il buonismo, l'omaggio sentito e riverente e il desiderio di dargli invece uno spessore più “intellettuale”.
Ciò che ne esce fuori è un lavoro un po’ insipido e piatto, purtroppo, che non sembra sapere bene come barcamenarsi. Eddie Redmayne, e va chiarito subito, è superbo, meraviglioso e incredibile, solo per lui consiglierò la visione di questo film, perché sì, si merita un applauso, e spero davvero che il suo talento e i suoi sforzi vengano riconosciuti, ma a parte lui niente di particolare da segnalare.
Tutto il film si concentra più che sul lato accademico, sull’aspetto più personale della sua vita, e sulla storia d’amore con Jane: da quando Stephen non è ancora malato, ma ci è vicino, al riconoscimento internazionale, anche se poi è spruzzato qua e là dai suoi interventi scientifici, con qualche teoria che andava messa per forza. Si concentra su tutte le difficoltà che la coppia ha dovuto affrontare, i momenti di felicità e quelli di tristezza. Sullo sguardo indulgente, dolce e perseverante della moglie, pronta a tutto perché Stephen possa essere in grado di vivere il più decentemente possibile, senza sacrificare la sua mente brillante. È su questo amore fortissimo, che va contro qualsiasi cosa, anche contro una malattia debilitante e distruttiva al massimo, che si basa il film, oltre che sull’incredibile forza di Stephen, sulla sua voglia inesauribile di vivere, nonostante tutto. E se questo si percepisce, non spicca e commuove come dovrebbe, non travolge. Il modo di narrare secondo me è stato del tutto sbagliato, non si può raccontare una storia su un uomo così speciale, in questo modo… e per cosa? Per renderlo più appetibile e “mainstream”, per farne insomma un prodotto commerciale e digeribile per tutti, ma proprio tutti.
La regia è convenzionale come la sceneggiatura che fa scivolare velocemente il film tra le dita. Ho l’impressione che tra qualche mese, qualche anno, ricorderò a fatica le scene de La Teoria del Tutto, sicuramente non mi toglierò dalla mente lo sguardo dolce e allo stesso tempo ironico di Eddie Redmayne, il sorriso sbilenco, la scena in cui immagina di alzarsi dalla sedia a rotelle per raccogliere una matita, mentre è invece solo sul palco, incastrato in quel corpo quando al contrario la sua mente viaggia a mille. Una delle scene più riuscite, per me.
Ecco, La Teoria del Tutto doveva essere più coraggioso, avere una voce più forte, ma ha fatto della dolcezza la sua cifra stilistica, è un film dolce, dolcissimo, dove le urla e le proteste contro una vita difficile sono tutte interne. Peccato. Da sufficienza stiracchiata.
Trailer italiano:
Trailer originale:
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Categories: - Gennaio 2015