La maestra dei colori (A. Bender, 2014)
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“Ti sei persa?”, ha chiesto.
“Oh, no”, ho risposto. “Mi sono assolutamente trovata”.
“Ottimo”, ha detto. Aveva un foglio in mano e continuava a piegarlo e a riaprirlo.
“E lei si è perso?”, gli ho domandato, perché forse aveva l’Alzheimer.
“Qualche volta”, ha risposto.
Avere in mano un libro di Aimee Bender per me è sempre una grande emozione. Perché so ogni volta che mi troverò a leggere un libro speciale, un libro magico… E così è stato con La maestra dei colori.
La maestra dei colori è una raccolta divisa in tre parti da cinque racconti, uno meglio dell’altro. Non saprei dire quale abbia preferito, anzi a mio parere ce ne è uno che si stacca dagli altri ed è proprio quello che dà il nome al libro.
Ma le raccolte della Bender sono un arazzo di fili sempre ben intessuti, si potrebbe leggerne uno senza toccare il resto, ma è non appena viene inserito nell’insieme che acquista quella forza prorompente che ho sempre sentito nella sua scrittura, e facendo qualche passo indietro si riesce a vedere il disegno completo. Dietro a ogni raccolta c’è un filo, seppur piccolo, che guida tutti gli altri. Come in ognuno di loro c’è un filo di irrealtà nascosto sotto uno strato di realtà.
Una sua raccolta è come un ruscello che scorre silenzioso tra le rocce e i boschi, girando e girando in luoghi che cambiano, in mondi che sembrano il nostro ma che non lo sono. Bisogna strizzare gli occhi, e forse si riuscirà a capire. Forse all’inizio ci si sentirà tanto soli, ma poi… se riuscirai a trovare quel filo, se lo strapperai dal sottosuolo della realtà, potrai seguirlo, fino alla fine, mentre corre in paesaggi che non hai mai visto.
Continuo a pensare, leggendo Aimee Bender, che lei viva in un posto tutto suo, me la vedo alzarsi, uscire di casa, fare qualche passo con un taccuino in mano e all’improvviso sparire; un passo oltre il confine ed entrare in un mondo che solo lei può vedere. Lì si acquatta e osserva, e riflette, e tira fuori questi racconti così reali e così surreali allo stesso tempo, così magici da far sognare e commuovere, e arrabbiare. E tante altre cose. Ma sempre con estrema grazia, con tocco leggero, così leggero che a volte penso che Aimee sia fatta di cielo, e di nuvole. Che sia oltre tutti noi comuni mortali. Ha un punto di vista così particolare, un occhio che scruta talmente a fondo che avrei dubitato della sua esistenza, se non l’avessi incontrata, ormai due anni fa.
Aimee crea mondi reali e fantastici insieme, mondi dalle infinite sfaccettature, mondi oscuri, mondi di fiaba e allo stesso tempo così reali da far mancare il fiato. Personaggi che siamo noi, soli, ossessionati, tristi, confusi, chiusi nella quotidianità che mostra sempre altre facce, a volte solo granelli che è difficile individuare. E continuo ad avere in mente quel dolce fatto di tenebra che non ha più nessuno da accontentare, ma che deve farlo. Quel bambino che non riesce a leggere le facce degli altri. Le sarte che si occupano di rammendare le strisce delle tigri che le vanno a cercare. E quel vestito color della luna, e del sole, del cielo. Quella magia in cui mi ha fatto immergere durante la lettura, come ogni volta.
Aimee, perché quasi mi sembra un’amica lontana, è la maestra dei colori. La mia maestra, la maestra di tutti quelli che si avventureranno tra le sue pagine.
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