Segnalazioni: Oblivium
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Titolo: Oblivium
Genere: paranormal romance
Editore: Lettere Animate
Data di uscita: 28 settembre 2016
Pagine: 268
Prezzo: 15€
Dove trovarlo: Ibs, Feltrinelli, Mondadori
Trama:
Alice Jackson ha sempre avuto tutto ciò che desiderava. Ricchezza, popolarità e rispetto erano gli ingredienti principali della sua ricetta per una vita perfetta. Una vita, però, priva di amore. Una tragedia le strappa quel che era rimasto della sua famiglia e decide di fuggire. Si trasferisce a Nottingate, una piccola cittadina dello stato di New York, dove troverà le risposte alle sue domande. Alice non è mai stata una normale adolescente: qui scoprirà di avere capacità straordinarie e di far parte degli Ultimi.
Ma una profezia si è diffusa tra la sua gente: il mondo degli Ultimi è in pericolo, e solo lei può cambiarne la sorte, perché è più potente di ognuno di loro.
Inizia, per Alice, un tortuoso viaggio alla scoperta di se stessa e di quella vita che non aveva mai visto sotto la giusta prospettiva. Il suo muro di apatia verrà abbattuto da un sentimento infinitamente più forte: l’amore per l’essere più puro che Alice abbia mai incontrato e l’unico in grado di accompagnarla in questo percorso di rinascita.
Durante questo viaggio, tra amicizia, amore, morte e tradimenti si delineerà una nuova esistenza complessa e dolorosa, ma anche sorprendente e appagante, se lei avrà il coraggio di affrontarla con la giusta dose di passionalità.
Imparerà che una vita senza sentimenti non è vita, ma solo sopravvivenza.
Oblivium è il primo libro di una saga fantasy che vi terrà col fiato sospeso fino alla fine.
Biografia:
Martina Battistelli è nata e vive a Roma. Ha 21 anni e frequenta il corso di laurea in Lettere Moderne all’Università La Sapienza. Crede fermamente nel potere catartico di tutti i tipi di arte e anela ardentemente ad un mondo più fantasioso e meno cinico. Quando non è distratta dalle serie tv e dai propri gatti, scrive e legge di quel mondo che tanto sogna. Il 4 aprile 2016 è uscita l’antologia “Oltre i Media” edita da Panesi Edizioni, contenente il suo racconto Daydreaming - Sogno ad occhi aperti.
Profilo Wattpad con i primi capitoli del romanzo
Il magazzino dei mondi 3 (Delos Books, 2016)
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Duecento racconti di fantascienza istantanea
Qui c’è da divertirsi. E da emozionarsi, stupirsi, restare colpiti. È come una mitragliatrice di racconti, ottimi racconti di fantascienza scritti con la formula del racconto brevissimo, di massimo 2000 battute. Un esercizio tutt’altro che facile da condurre in porto ottenendo risultati di pregio. Eppure, in questo volume ci sono ben 200 esempi di come si possano creare mondi fantastici e immaginari e portare il lettore in storie avvincenti, originali, drammatiche o divertenti, senza sforare questa misura apparentemente troppo limitante.
Bisogna essere bravi, su questo non ci sono dubbi.
Numero undici (J. Coe, 2016)
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High-Rise (B. Wheatley, Gran Bretagna 2015)
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Segnalazioni: Come un'isola
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Titolo: Come un'isola
Autore: Monika M.
Editore: Lettere Animate
Data d'uscita: 9 giugno 2016
Lingua: Italiano
Numero di pagine: 149 pagine
ASIN: B01GUG3KB8
Genere: Narrativa
Dove comprarlo: amazon
Come un’isola è forse scritto unicamente per noi donne , noi donne che ci amiamo così tanto da saper amare in modo unico, senza però tradirci mai . E’ una storia d’amore non convenzionale, complessa, forse malata, tenace , che rivela la fragilità e la forza stessa della protagonista. E’ un invito a darci una possibilità anche quando tutti i segnali indicano pericolo, vivere un amore sapendo che si verrà feriti non per ingenuità ma per coraggio, vincendo la paura del dolore che sappiamo arriverà ma che sarà nulla confrontato ad una assenza di rimpianto. E’ consapevolezza di sé, è controllo, è scelta . Lucrezia , la protagonista, allineerà la sua vita a quella di Victor convinta di poter, come sempre nella sua vita, controllare tutto . Nulla sarà più diverso da ciò che lei aveva pianificato fino a conoscere la travolgente ribellione, fiera del suo orgoglio ingaggerà una guerra con il suo stesso cuore per non concedersi ad un amore non corrisposto . Si tufferà volontariamente in due occhi crudeli e belli sapendo che vi troverà la morte per annegamento, consapevole che quel che dopo l'aspetterà non sarà più vita , ma sopravvivenza scandita da una inguaribile mancanza, dettata però dalla libertà della scelta fatta . Siamo spesso schiavi dei nostri limiti , ma quanto di noi siamo disposti a tradire per oltrepassarli ? Non bisogna mai partire da un risultato , se lo facessimo tutto sarebbe falsato , ogni gesto e pensiero mutato dal desiderio di giungere dove si è stabilito e non dove veramente siamo attesi... sei enigma e mistero che vivrò per sempre o forse mai più...
Biografia:
Nata a Roma nel 1976.
Molti mi chiedono perchè io usi uno pseudonimo, ebbene, credo che per esser totalmente sinceri nella scrittura non ci si debba curar del giudizio altrui con una maschera la mente si libera da inutili fardelli, inoltre credo si debba legger senza preoccuparsi di CHI dice, quanto del COSA...
Scrivo perchè la mia anima da sempre è intrappolata in ambientazioni di epoca Vittoriana, in romanzi le cui pagine sono ancora intrise di passione e desiderio ed è lì con la mia scrittura che amo tornare, se il mondo me ne priva, la mia fantasia se ne impossessa ribelle, ancora ed ancora...
Amo il Medioevo tanto quanto il Rinascimento... la luce può esser percepita unicamente a contrasto con l'oscurità.
Non bramate di conoscermi, ho un caratteraccio, armatura indispensabile per anime fragili.
Estratto:
Ferma, accanto al treno appena arrivato, si guardò attorno spaesata. L'odore di bruciato che proveniva dai binari, unita all'agitazione che provava ed allo stomaco ormai vuoto, le dava la nausea. Per l'emozione non aveva mangiato nulla oltre la colazione ed era ormai ora di cena. Sospirò pesantemente facendosi coraggio ed afferrò il manico del trolley rosa che aveva portato con sé. Lo aveva pregato di non tardare, l'idea di star sola in stazione la agitava e credendo ormai di aver capito il tipo, aveva preferito dargli appuntamento in un bar subito fuori la stazione lì seduta ad un tavolo, invisibile alla curiosità altrui, si sarebbe sentita meno nervosa. La vista dell'orologio della stazione fermo alle 10,25 fu un ulteriore colpo allo stomaco, socchiuse gli occhi, deglutendo e scacciando quel senso di smarrimento e dolore che affiorava assieme alle immagini indelebili della strage lontana , ma mai dimenticata. Ordinò un succo di frutta e, per non fissare ogni avventore che entrava nel bar come una disperata, tirò fuori dalla borsa il libro che aveva portato con sé, Orgoglio e Pregiudizio
Contest "Il Magazzino dei Mondi 3"
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L'amore bugiardo (G. Flynn, 2014)
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Nick e Amy sembrano la coppia perfetta: lui è un pacifico e silenzioso uomo del Missouri, un giornalista avviato. Lei è la donna perfetta, simpatica, dolce, brillante, il preciso riflesso del personaggio della mitica Amy, costruito dai genitori a sua immagine e somiglianza per una serie di libri dal decennale successo.
Il loro matrimonio sembra altrettanto perfetto. Ma all’anniversario del quinto anno di matrimonio lei scompare nel nulla, lasciando solo i segni di una violenta colluttazione. Che fine ha fatto Amy? È stato Nick a ucciderla? Ma la domanda reale è: chi sono veramente Amy e Nick?
Tutte le persone hanno i loro difetti, lati oscuri che preferiscono nascondere per piacere agli altri. Nick e Amy si piacciono sin da subito, ognuno recita il ruolo che l’altro si aspetta. Ma quando le maschere cadono e ci si ritrova davanti la vera persona che succede?
L’autrice mette a nudo tutte le sfumature possibili di due persone alle prese con il loro matrimonio, con la loro identità stretta tra i confini della famiglia. Lo fa attraverso le voci dei suoi due protagonisti che si alternano per raccontare il loro punto di vista spesso bugiardo. Quello di Nick scandaglia un presente andato ormai fuori controllo, riflesso di un passato sbiadito, e il diario di Amy che parte dal passato e pian piano raggiunge il presente trovando il suo compimento.
La loro vita coniugale si trasforma in un thriller complicato che per una buona metà tiene avvinti e incuriositi. Se non avessi visto il film prima, probabilmente il mega colpo di scena della seconda parte mi avrebbe lasciata di stucco, ma purtroppo l’ho visto e quindi lo stavo aspettando.
Lo sguardo dei due protagonisti si integra lentamente, dando la possibilità al lettore di farsi idee che più volte cambieranno nel corso della storia, e i pezzi del puzzle iniziano a trovare posto formando un grande quadro che è meglio vedere da lontano.
Quello in cui l’autrice riesce bene è far provare una repulsione tremenda verso il matrimonio, ancor prima che verso i protagonisti di questo libro. Il matrimonio è visto come la fine di ogni cosa, un’ipocrisia senza fine che riesce solo a tirar fuori il peggio di entrambi, costringendoli a un’infelicità ancora più paralizzante perché è impossibile da credere. Tutto questo instillando il dubbio: ma si può conoscere davvero la persona con cui si è scelto di condividere la vita? È anche bravissima, bisogna ammetterlo, a caratterizzare Amy e Nick, che sviscera completamente, dalla patina esteriore fino alle ossa. In particolare Amy, vittima di se stessa, assoggettata all'immagine della mitica Amy dei libri.
La lettura sicuramente avvince, i colpi di scena sono tanti e ben piazzati, ma la seconda parte a volte sfiora l’irreale. È davvero faticoso riuscire a percepirla come credibile. Questo era anche il difetto del film.
Insomma, una lettura “piacevole”, per quanto possa essere piacevole un libro diabolico come questo, ma senza troppi entusiasmi.
Incipit:
Quando penso a mia moglie, penso sempre alla sua testa. Alla forma che ha, per cominciare. La prima volta che l'ho vista, è stata la sua nuca che ho notato, e nelle sue curve c'era qualcosa d'incantevole. Come un chicco di mais, duro e lucente, o un fossile nel greto di un fiume. La sua è quella che i vittoriani definirebbero una testa dalle proporzioni squisite, che lascia intuire la forma del cranio.
Segnalazioni: Ora, per sempre e oltre
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Autore: Demetrio Verbario
Genere: Relazioni familiari
Editore: Lettere Animate
Data di pubblicazione: 24/05/2016
Pagine: 122
Prezzo: 1,49
Dove acquistarlo: Amazon
Trama:
Davide e Giulia sono due ragazzi innamorati che si conoscono fin dall’asilo e che si sposano pieni di speranza per un futuro insieme. Il loro amore è semplice, genuino, profondo. Ma non riescono a diventare genitori e dopo che il dottore conferma che per loro sarà impossibile concepire figli, qualcosa si rompe nel loro rapporto. Entrano in un vortice che li travolge: litigi, tradimenti, risentimenti, divorzio. Ma come la mantide guidata dall’istinto si riproduce pur sapendo di morire alla fine dell’accoppiamento, così uno di loro guidato dall’amore si sacrificherà per la salvezza dell’altro. Alla fine infatti si scoprirà che il vortice che ha spazzato via il loro matrimonio era stato creato da uno di loro in un gesto d’altruismo estremo.
Biografia:
Demetrio Verbaro nasce a Reggio Calabria il 14/12/1981. Ha tre figli: Thomas, Riccardo e Dorian.E’ al suo quarto romanzo dopo “il carico della formica” (di cui ha prodotto la trasposizione cinematografica) “l’attimo eterno” e “la farfalla con le ali di cristallo”.
Estratto:
Era estate, ed eri meravigliosa, di una bellezza vera e ancestrale, sopra il costume indossavi un grembiule bianco con i fiori rossi, la curva delle tue gambe rosee era perfetta, ogni centimetro di pelle nuda era divina sotto la stoffa, la bramavo come la rosa brama la rugiada mattutina. Le tue labbra erano del colore del sangue, il tuo viso pallido e angelico, i tuoi occhi scuri e profondi come una strada senza fine, i tuoi capelli cascavano come miele proibito sopra le tue spalle lisce e umide.
Carol (T. Haynes, Usa 2015)
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"Che utilità posso avere per lei? Per noi? Vivendo contro la mia stessa natura"
Una ragazza dolce e un po' ingenua viene conquistata dalla bellezza più matura e ardita di Carol, una donna distinta che viene a fare spese nel magazzino in cui lavora. Il loro sarà un incontro che le porterà a innamorarsi e a rompere tutti gli schemi morali dell'epoca.
Tratto dal romanzo omonimo di Patricia Highsmith, del 1952, Carol parla di una passione proibita in un periodo quanto mai difficile per la donna, stretta tra i doveri della famiglia e il desiderio di indipendenza, e per gli omosessuali, ancora messi al bando, combattuti, osteggiati, annientati.
Therese, interpretata da Rooney Mara, l'ex Lisbeth Salander della versione americana, passa le sue giornate a sognare una vita migliore. C'è un giovane che vorrebbe sposarla ma lei scopre una passione sempre più profonda per questa elegante cliente dallo sguardo magnetico e un po' malinconico. Insieme sfideranno le rigide convenzioni della società americana di quegli anni, intraprendendo un percorso di crescita interiore. Fuggiranno dalla loro vita per affrontare un viaggio che svelerà che quelllo che provano l'una per l'altra non è una finzione, nè cosa da poco. Ed è qui che tra loro scoccherà la scintilla del contrasto su cui si poggia l'intero film: la ragione, rappresentata da Carol, contro la carne e l'istinto della giovane Therese.
L'atmosfera, nonostante il tema, è molto fredda, i colori sono scuri, smorti, e le scene hanno sempre una luce soffusa, distante. Freddo secondo me è anche il film in sè, che parte lento e prosegue mite nell'inverno di New York. È come se la storia si svolgesse sullo sfondo di un palcoscenico, quando non fuori dalle quinte, a volte ci si distrae persino.
Ecco, non sconvolge, a tratti non coinvolge. Ma Rooney Mara è bravissima a incarnare l'acerba ragazza dallo sguardo educato che nasconde silenziosamente un arcobaleno di colori pronto a esplodere. Cate Blanchett è sempre Cate Blanchett, brava ma non brillante. Anche se riesce bene a sviluppare il suo personaggio che man mano lascia cadere la maschera: dalla perfezione e dal gelido sguardo si passa alle sue sempre più ostentate debolezze. E si scopre più maturo il personaggio di Therese che in questo melodramma all'apparenza si muove in punta di piedi, scattando foto e nascondendosi dietro la macchinetta alla ricerca del suo sguardo.
Insomma, magnetiche le protagoniste, non magnetico il film, purtroppo.
Trailer originale:
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Room (L. Abrahamson, Canada/Irlanda 2015)
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Una giovane donna vive da anni rinchiusa all’interno di una stanza. È stata rapita da un uomo che la tiene prigioniera. Però non è sola, con lei c’è il figlio di appena 5 anni.
Se il film precedente di Lenny Abrahamson, Frank, mi era piaciuto, questo mi è strapiaciuto.
Il piccolo Jack pensa che il mondo sia quella stanza, che non ci sia altro oltre le pareti, giusto lo Spazio. Vive guardando la tv “magica” e usando l’immaginazione per compensare ciò che non crede esista. Con la mamma passa anche momenti felici, è lei che con forza e coraggio riesce a proteggerlo dalla situazione in cui si trovano. Lui non sa nulla, sa solo che a una certa ora della sera, quando il timer suona, deve rinchiudersi nell’armadio e aspettare che il vecchio Nick se ne vada.
Così i due prigionieri sono costretti a contare sul loro aguzzino per sopravvivere. Aspettano le provviste e i cosiddetti “regali della domenica”. Ma' non si ribella, non può ritrovarsi senza cibo, senza elettricità, come potrebbero poi sopravvivere?
La prima ora va così, siamo chiusi nella Stanza insieme a loro, proviamo quel senso di claustrofobia che più di una volta mozza il fiato. Ci immedesimiamo in Jack e poi nella madre, e poi di nuovo in Jack, vedendo il piccolo mondo che li circonda con il suo sguardo.
Lo spazio di Room non è solo materiale ma soprattutto interiore. Brie Larson è brava da togliere il respiro, riesce a interiorizzare il dramma, a rendere la vita leggera, e persino divertente, per suo figlio. L’intensità del suo amore di madre è potentissimo, e lo spettatore ne resta travolto, sconvolto. Il loro legame quasi simbiotico, fatto di sguardi e parole, la sintonia profonda, sentimentale e fisica, è ciò che rende questo film splendido. Anche Jacob Tremblay è a dir poco stupefacente, dolce, ingenuo, coraggioso, forte, la sua trasformazione, evoluzione, è riuscita e coinvolgente.
Quando il suo personaggio, Jack, inizia a crescere e a fare domande, Ma' è costretta a trovare delle risposte diverse, a svelare la verità. Torna anche a sognare una via di fuga e, trovando l'obiettivo comune della fuga, l’equilibrio della storia inizia a cambiare. Il film si trasforma velocemente in altro. La seconda ora è ambientata al di fuori della stanza. E probabilmente questa parte è persino più violenta e spiazzante della prima.
Dalla claustrofobia si passa a sentimenti di angoscia, rabbia, tristezza. La vita al di fuori della Stanza è paradossalmente molto più difficile, perché lì tutto è andato avanti e loro vengono del tutto travolti dall'esterno, ma soprattutto dall'interno.
E se Jack deve imparare a conoscere un mondo sterminato e pieno di cose, colori, persone vere, proprio come lui, Ma', di nuovo libera, deve accettare di aver perso anni di esistenza, e tornare a capire cosa vuol dire libertà.
Room riesce a parlare di una storia drammatica senza essere morboso o strappalacrime, decide di focalizzarsi più sul rapporto madre-figlio e sulle ferite che un evento del genere lascia sulla psiche. Misurato, attento, sensibile, sobrio, questo è decisamente un film che lascia il segno.
Da brividi la scena della fuga di Jack, il suo primo sguardo sul mondo attraverso un oblò. Ho trattenuto il fiato fino quasi a scomparire nelle immagini. Davvero una grande esperienza di cinema.
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Lui è tornato (D.Wnendt, Germania 2015)
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"Lei si è mai chiesto perché il popolo mi segue? Perché in fondo siete tutti come me… abbiamo gli stessi valori"
E se Hitler si risvegliasse nella Germania di oggi? Questa è la premessa dell’irriverente Lui è tornato.
Il caro Hitler si risveglia in un parchetto, lì dove prima sorgeva il suo bunker, ma intorno a lui non c’è più la guerra…
Tra ambientalisti e vegani, tra internet e la multietnicità, tra i cellulari, l'imperante youtube e “una donna tozza che infondeva lo stesso ottimismo di un salice piangente”, le cose sono davvero cambiate.
E la gente? Insolente, squilibrata, confusionaria. Nessuno gli riserva il rispetto che ha sempre avuto. Insomma, se ne accorge subito di non essere nella “sua” Germania, e che la guerra è stata evidentemente persa, generando il caos.
Così si preoccupa subito di rimediare ai suoi errori ed inizierà un viaggio per entrare in contatto con le persone e capire come far tornare agli albori i suoi ideali.
Non si fermerà di fronte a niente, per piacere alle persone accetterà di essere: comico, personaggio di spettacolo, persino scrittore. Per arrivare davvero alla gente è costretto ad ambientarsi e lo fa con abilità, impara a giocare a bowling, a fare la spesa, a navigare su internet, a sfruttare youtube... partecipa persino a dei talk show! Il tutto di fronte all’ilarità generale delle persone che non immaginano nemmeno di trovarsi di fronte al vero Hitler.
Il film, tratto dal best seller Lui è tornato scritto dal tedesco Timur Vernes, diverte e sorprende, riuscendo a mantenersi in un perfetto equilibrio tra critica e satira, grazie anche al bravissimo Oliver Masucci, che riesce a interpretare al meglio il ruolo. Era difficile riuscire a rendere credibile una storia del genere, ma lo scrittore, e dopo lo sceneggiatore/regista, ci riescono benissimo, grazie anche alla costruzione del film che alterna azioni e reazioni. Il presente della Germania inizia di nuovo a ricalcare il passato, finendo per coinvolgere la popolazione nello stesso messaggio e svegliandolo da un torpore che Hitler non riesce a concepire. Si propone ancora una volta come leader capace di interpretare i bisogni del suo popolo o di reindirizzarli verso ciò che secondo lui è la prima necessità per un futuro migliore. Tutto questo sfruttando la potenza “comica”, e non, della sua immagine e il carisma autoritario delle sue parole che riescono di nuovo a fare breccia, come se il tempo non fosse passato. Come se la memoria non esistesse, fosse stata già dimenticata. La memoria, l’unico possibile antidoto di fronte al disfattismo, al veleno che rischia di intossicare di nuovo il futuro.
Il film lascia per questo storditi, si trasforma nello specchio di una società che non riconosce il pericolo, che non condanna le idee di Hitler, di un assassino, perché troppo distratta, troppo presa dalla tv, dai talk show, dal divertirsi senza impegno, dal ridere e far ridere.
Tragico e comico, disturbante, inquietante e prorompente, Lui è tornato è una provocazione che lascia il segno e fa riflettere sui nostri tempi, con stile e personalità.
Trailer italiano:
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Perfetti sconosciuti (P. Genovese, Italia 2016)
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"Qua dentro ci abbiamo messo tutto! Questo qua ormai è diventata la scatola nera della nostra vita!"
Quante coppie, quante amicizie crollerebbero se ognuno guardasse nei cellulari degli altri? È questa la premessa di partenza della storia. Una sera i sette amici si incontrano per una cena insieme che si trasformerà in un gioco al massacro.
Tutti i personaggi pensano superficialmente di conoscersi a fondo, e peggio di non avere niente da temere o da nascondere che possa essere scoperto con un “innocente gioco”. Un gioco che di divertente, come all’inizio predicano, non ha niente, e se ne accorgeranno.
Semplice l’argomento ma per nulla facile da trattare, anzi. I (ben) cinque sceneggiatori fanno un gran lavoro, scrivendo un copione brillante, preciso e in perfetto equilibrio tra comico e drammatico. I frammenti di storia, gli spaccati di vita nascosti che vengono alla luce pian piano si incastrano perfettamente l’uno nell’altro, creando un tessuto solido. Ben riusciti i dialoghi, incalzanti, rapidi, intelligenti e anche ben cuciti addosso ai propri personaggi che gettano lentamente, e involontariamente, la maschera. Così la vita pubblica, vita privata, vita segreta vanno a cozzare l’una con l’altra. Il gruppo sotto gli occhi del pubblico muta, colpisce, disgusta, assumendo tratti inquietanti e inaspettati.
Il cast corale funziona alla grande, non c’è un attore fuori posto. Ognuno è in grado di dare qualcosa in più al proprio personaggio. Sono tutti fragili, frangibili, basta un niente per spazzare via una relazione, una vita intera di conoscenze e confidenze costruite su basi povere e fondate sull’ipocrisia per resistere alle debolezze dell’uomo. Gli sceneggiatori ci vanno giù pesante, la scrittura è dura, disincantata, ai limiti della crudeltà, non indorano in nessuna maniera la pillola, ed è per questo che Perfetti sconosciuti, risulta così riuscito, vincente.
Ricorda un po’ quei bei film francesi che sanno giocare con i generi senza scadere nel melodrammatico, nel romantico spinto, nel sarcastico e basta. Ma se lo sfondo è francese, i caratteri, i problemi, le relazioni sono tutti italiani, i rimandi alla nostra vita sono continui, realistici.
Bel colpo il finale, in questo caso davvero perfetto. Le relazioni, sembra dire il film, riescono a stare in piedi solo nascondendosi dietro l’ipocrisia, e accettando che la menzogna è alla base di tutto, l’unico modo per sopravvivere all’altro e mantenere “in vita la vita”. Crudele. Vero.
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Race (S. Hopkins, Germania/Francia/Canada 2016)
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"In pista non esiste bianco o nero, ma solo veloce o lento. Non conta nient'altro. Né il colore, né il denaro e neanche l'odio."
James (Jesse) Cleveland Owens non appena mette piede nell’Ohio University, lasciandosi alle spalle una vita difficile, viene scelto dal famoso coach Larry Snyder, e finalmente ha la possibilità di dedicarsi a ciò per cui è nato: la corsa. Riuscirà così a candidarsi con grande clamore alle Olimpiadi di Berlino, ma siamo nel 1936 e il Comitato Olimpico Americano non sa cosa fare, andare o boicottare? Jesse, nonostante tutto, andrà, e dovrà vincere.
Questi giochi olimpici sono stati decisamente i più controversi e delicati della storia. Siamo alle soglie della Seconda Guerra Mondiale, Hitler voleva sfruttare questa occasione per mostrare al mondo la potenza e la magnificenza del Terzo Reich, cosa che non gli riesce proprio per quel giovane americano. Jesse straccerà i campioni tedeschi senza troppa fatica, rovesciando le aspettative dei tedeschi ma anche quelle degli Stati Uniti, ancora pieni di pregiudizi nei confronti delle persone di colore.
Il film ha volutamente un approccio classico, semplice. Scorre tranquillo tratteggiando il ritratto di un uomo, di uno sportivo in una cornice complessa ma ben rappresentata. L’atmosfera emerge con chiarezza e in maniera chiara e definita, i personaggi, in particolare il coach, riescono a coinvolgere e ad emozionare, nonostante la scelta evidente di non andare troppo lontano dall’intento iniziale: quello di parlare di un campione e della sua ascesa. La storia è presente, ma è uno sfondo utile a far risaltare il protagonista, un eroe e grande sportivo capace di far sfumare le aspettative e le intenzioni del Terzo Reich, combattendo un’epoca difficile e superando ostacoli all’apparenza insormontabili in un’ambiente circostante ostile.
Il protagonista, a dirla tutta, è lo sport e lo spirito sportivo, riuscitissima è infatti l’atmosfera dei giochi e soprattutto l’amicizia tra Jesse e il campione tedesco, che anche se per poche scene riesce a commuovere. È nel giro dei due grandi campioni dopo la vittoria tutto il senso del film, e anche la sua bellezza.
Nonostante la sua retorica, la sua poca incisività e insistenza su punti chiave, ho trovato lo stesso Race molto piacevole e coinvolgente.
Trailer italiano:
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Interviste: Gianpiero Pisso
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Intervista a Gianpiero Pisso, autore de La Tela del Maligno
Parlaci un po’ di te
Sono un autore emergente, emerso in tarda età (forse non lo sono ancora del tutto). Non che mi senta vecchio ma a causa della mia carriera lavorativa che mi ha tenuto impegnato fino all’età della pensione (sono un ingegnere aeronautico) non ho potuto mai trovare il tempo per le tre passioni della mia vita: leggere, scrivere e dipingere ad acquarello. Da qualche anno, avendo abbondanza di tempo libero, mi sono scatenato. Leggo almeno un libro a settimana, scrivo ogniqualvolta trovo una trama degna di essere raccontata, imbratto le tele con costante perseveranza ma solo utilizzando i colori ad acquarello, quelli che meglio mi permettono di estrinsecare i miei canoni di bellezza artistica: quelli legati ai colori autunnali (la mia stagione preferita), quelli associati alle macchie di colore sparse, apparentemente senza un ordine preciso, quelli connessi alle tinte violenti e al tempo stesso capaci di generare forti emozioni. Stranamente, mentre per i romanzi che scrivo ho decisamente piacere che vengano letti e apprezzati dai lettori, per i quadri che dipingo non è lo stesso. A ognuno di loro applico una cornice e poi li immagazzino nella mia soffitta. A intervalli regolari salgo a esaminarli e ogni volta provo sensazioni diverse. Quello è il mio mondo segreto e preferisco non condividerlo con alcuno. Neppure con la mia famiglia.
Come è nata la passione per la scrittura?
Dal leggere sono passato allo scrivere in modo piuttosto brusco. Non è stata un’escalation graduale. Mentre leggevo storie scritte da altri autori mi sono chiesto: come avrei reso io quella particolare situazione? Con che parole avrei tratteggiato caratteri, sentimenti, ambientazioni? Avrei dovuto prolungare e approfondire il racconto oppure snellirlo e alleggerirlo dagli eccessivi fronzoli? Una mattina mi sono così svegliato con il desiderio di buttarmi anch’io nell’arena degli scrittori che vogliono farsi conoscere, con racconti miei. Ho sempre amato le sfide.
Qual è il tuo genere letterario preferito come lettore e come scrittore?
Come lettore leggo di tutto anche se i romanzi troppo tristi (quelli che i più definiscono strappalacrime) cerco di evitarli. Credo che la vita, a volte, sappia essere già di suo fonte di amarezze per immedesimarsi in letture di storie senza speranza o dai contorni deprimenti. Come scrittore ho finora cavalcato il filone del mistery/storico, storie romanzate attorno a leggende, avvenimenti presenti o passati, meglio se poco conosciuti, attorno ai quali possano ruotare personaggi storici e dai tratti forti, connessi a eventi inspiegabili che li hanno resi protagonisti, capaci di generare sorpresa, curiosità e desiderio di saperne di più.
Solitamente ti immedesimi nei tuoi personaggi?
No. I miei racconti si perdono generalmente nella notte dei tempi. I miei primi due romanzi, “La Profezia del Cristo Pagano” e “Rudiobus, il cavallo d’oro” sono ambientati addirittura in epoca romana, il terzo, quello appena pubblicato, “La Tela del Maligno”, nel 1600.
Come nascono le tue storie?
Gli spunti mi vengono dai media: giornali, riviste, televisione ma anche web. Navigo spesso, come un nocchiero senza bussola, a caccia di tutto ciò che è inusuale, strano, che esca dalla normalità e che non sia già stato oggetto di ampie descrizioni o dissertazioni, vagliando attentamente se attorno al fenomeno, al fatto, al personaggio, si possa cucire un romanzo, come un abito su misura.
Come è nata, in particolare, l’idea del tuo ultimo lavoro?
Mi aggiravo, appunto, nel web quando, casualmente, mi sono imbattuto in un trafiletto che ha attirato la mia attenzione. Una studiosa di Perugia, nel 2012, aveva fatto una scoperta che aveva dell’incredibile. Stava assistendo alla santa messa nella basilica cittadina di San Pietro quando, voltandosi verso la porta d’ingresso della chiesa, era rimasta turbata. Il dipinto sulla parete della chiesa, visto da una certa distanza, metteva in mostra la visione d’assieme, prevalendo sui particolari, cardinali, papi e santi attorno alla figura di San Benedetto da Norcia, assiso su un trono dorato. Nulla di speciale, se questa visione d’assieme non fosse un volto demoniaco. La tela si chiamava “Il Trionfo dell’Ordine dei Benedettini” e il pittore, di scuola veneziana, vissuto nel 1600 era Antonio Vassilacchi.
Mi sono detto che l’argomento fosse degno di attenzione per un romanzo e per tre mesi mi sono documentato per cercare di reperire altre informazioni. Ne ho trovate davvero poche ma ciò mi ha comunque permesso di scrivere un racconto dove offro la mia ipotesi, penso credibile, sul perché un eccelso pittore abbia voluto giocare questo orrendo tiro alla Chiesa, all’allora priore della basilica, a tutti i perugini. Ho mescolato Storia, Arte e vita del pittore e ne ho fatto un mistery/storico, imperniato non su un mistero fantasioso, ma su un mistero reale. La tela è ancor oggi nella sua locazione originaria. Così è nato “La Tela del Maligno”.
Raccontaci qualche curiosità
Per rispondere a questa domanda dovrei invitare tutti voi a leggere i miei romanzi. Possono piacere e non piacere ma hanno tutti in comune una caratteristica: le curiosità occupano un posto di rilievo dalla prima all’ultima pagina.
Hai qualche altro libro in lavorazione?
Terminato un romanzo mi metto subito in moto per trovare nuove idee. Sto lavorando su un personaggio conosciutissimo, un’icona dell’Arte, la cui vita pare sia stata contrassegnata da molte stranezze, pettegolezzi e veri o presunti accadimenti che hanno colorato la vita di quegli anni. Sono ancora nella fase di sistemare tutti i tasselli del puzzle al giusto posto e non so se riuscirò nell’intento perché, ancora una volta, il mio racconto non potrà svincolarsi dalla Storia.
Quale è il tuo sogno nel cassetto?
La mia carriera professionale, che si è conclusa, mi ha dato grandi soddisfazioni. Ho una famiglia meravigliosa e da qualche anno un nipotino per il quale stravedo. Ho la fortuna di poter coltivare le mie passioni e i miei hobbies in assoluta tranquillità. Che altro chiedere alla vita? Forse la cosa più importante. Continuare a rimanere in salute e questo vale anche per tutti i miei famigliari.
Cosa significa per te scrivere?
Prendere per mano il lettore, anche il più distratto, cercando di coinvolgerlo emotivamente nelle trame dei miei racconti, appassionarlo e trasportarlo in un mondo parallelo dove tempo e spazio non abbiano significato, trasmettergli quelle stesse sensazioni che io provo scrivendo una storia che mi piace. In altre parole condividere con lui i miei sentimenti. In un mondo dove spesso i valori umani, le relazioni interpersonali, la capacità di comprensione e di ascolto sono ridotti ai minimi termini, riuscire in quest’impresa non è cosa da poco.
La citazione preferita tratta dai tuoi libri?
Un buon libro senza una buona citazione è come un’ostrica senza la perla. Nella “Tela del Maligno” io di perle ne ho sistemate una all’inizio di ogni capitolo. Quella che più mi piace è al capitolo primo ed è una citazione di sant’Agostino:
“Noi viviamo in contemporanea tre tempi: il presente del passato, che è la Storia, il presente del presente, che è la visione, il presente del futuro, che è l’attesa”.
Ti andrebbe di dare qualche consiglio agli aspiranti scrittori?
Vorrei darlo non tanto come scrittore “arrivato”, quale io non sono ma in virtù delle mie non più verdi primavere:
“Scrivete, scrivete e ancora scrivete. Inseguite i vostri sogni con tenacia e umiltà e non fermatevi ai primi insuccessi. Non importa se non diventerete mai un Dan Brown, un Ken Follett o una Oriana Fallaci. Si scrive per gli altri ma anche per se stessi. Scrivete anche per chi ha la sfortuna di vivere in luoghi dove la libertà di espressione e di informazione è censurata”.
Biografia:
Nato in provincia di Varese, sul Lago Maggiore, dove attualmente risiede con la sua famiglia, l’autore è laureato in ingegneria aeronautica e ha, per molti anni, lavorato come dirigente industriale in grosse società italiane e multinazionali straniere. Ama viaggiare e dedicarsi alle sue tre principali passioni: scrivere, leggere e dipingere ad acquarello. La sua narrativa, sempre attuale e talvolta ironica, rifugge dagli eccessi e vuole proporsi come una lettura spensierata, disinvolta e scacciapensieri. Vincitore del premio nazionale “Le Porte del Tempo” 2012, categoria Saggistica, con l’opera: La profezia del Cristo Pagano, edita da Eremon Edizioni. Ha pubblicato anche con Kindle l’e-book Rudiobus, il cavallo d’oro.
Segnalazione de La tela del Maligno
Segnalazioni: Il mondo dell'altrove
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Titolo: Il mondo dell'altrove
Genere: Narrativa
ISBN: 88-471-0785-4
Prezzo: € 12,00
Numero Pagine: 116
Casa editrice: Marco Del Bucchia Editore
Anno/data di pubblicazione: luglio 2015
Link d'acquisto: sito editore
Trama/sinossi breve:
Cinque racconti – in cui fantasia e realtà si mescolano – capaci di trasportare il lettore in un altro mondo, in un luogo magico. Capaci di farlo sognare. Ogni cosa è viva e insegna qualcosa d’importante. E ciascuna storia si trasforma nella tappa di un viaggio in cui si cresce e si matura a fianco di Elia, Rosy, Tea, Pietro, Desideria, André e della stellina Irina.
Biografia:
Sabrina Biancu nata il 03/12/1981 a Oristano vive a Baressa.
Interessata fin da piccola a comunicare emozioni ed aiutare gli altri, ha capito durante l'adolescenza che voleva fare la scrittrice, quando ha cominciato a partecipare a dei concorsi letterari.
È passata dalle poesie ai romanzi, per capire infine che il suo vero interesse sono i racconti fantastici, per riuscire a comunicare che nulla è impossibile se lo si vuole davvero. Il lettore viene trasportato in luoghi magici, che esistono nei sogni, tra realtà è fantasia, che lo aiuteranno a capire se stesso tra personaggi veri e inventati che popolano i diversi racconti.
Trae ispirazione dalla vita e dal mondo che la circonda: un bambino, un fiore, una nuvola ma anche un pensiero che le attraversa la mente, uno stato d’animo positivo, il ricordo di una giornata; cerca di scrivere i racconti allo stesso modo in cui vive la vita, con passione e godendo di ogni momento, così le è più facile mettere nero su bianco e farli diventare un qualcosa che le appartiene.
Al momento è iscritta al corso di laurea in scienze dell’educazione e formazione
Le piacciono i bambini, gli animali e i libri.
Al suo attivo ha due raccolte di racconti, Luce Azzurra (Boopen 2009) e Il mondo dell’ altrove (Marco Del Bucchia Editore 2015).
Estratto:
"ogni problema ha una soluzione, solo alla morte non c’è rimedio. Se uno cade deve avere la forza di rialzarsi, se uno sbaglia deve capire i suoi errori e andare avanti con consapevolezza, se è in una brutta situazione deve rimboccarsi le maniche e dare una svolta alla sua vita e se non crede in sé deve cercare quella fiducia che gli permetterà di fare ciò che vuole. Non piangerti addosso, non serve a nulla, sii fiducioso, ottimista, credi in te e nelle tue capacità. Trova quello che più sai fare e metti in pratica la tua arte, prima per te stesso e poi per gli altri. Amati incondizionatamente, con tutto te stesso, con la forza che possiedi, e potrai pensare, provare e agire in tutto ciò che sai di riuscire. Tutto si può, basta volerlo.
Utilizza tutto questo, destati da questo stato d’insicurezza e paura e realizza la vita che vuoi. Credici con tutto te stesso e con orgoglio e tenacia riuscirai a uscire dallo stato di negatività in cui sei entrato. Una cosa ti chiedo: abbi fiducia, o fede, o speranza, chiamala come vuoi ma abbine tanta, questa è la chiave per aspirare a una vita migliore.”
Me and Earl and the Dying Girl (A. Gomez-Rejon, Usa 2015)
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Segnalazioni: La Tela del Maligno
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Il romanzo è retroattivo. L'incipit è la fine del racconto. Antonio Vassilacchi, insigne pittore di scuola veneziana, greco di origine, nato sull'isola di Milos ma vissuto sulla laguna ai tempi dei grandi Tiziano, Tintoretto e Veronese e allievo di quest'ultimo prima di diventare uno dei pittori preferiti dai dogi per affrescare le sale di Palazzo Ducale, si sobbarca in diligenza un lungo viaggio da Venezia a Perugia, unicamente per osservare come si comportano i fedeli durante la santa messa domenicale nella chiesa di San Pietro, adiacente al convento benedettino della città. Lì, alcuni anni prima, aveva dato una valida dimostrazione della sua arte, dipingendo ben undici tele della vita del Cristo, commissionate dal priore benedettino del convento.
Lo scopo della sua visita a Perugia è di costatare personalmente come i perugini avessero accolto il suo undicesimo dipinto, il più grande, quello che raffigura San Benedetto da Norcia, attorniato da santi, papi, porporati, che aveva denominato "Trionfo dell'Ordine dei Benedettini" e che faceva bella mostra sulla parete di ingresso alla chiesa. In quella tela aveva portato a termine la sua vendetta, mimetizzando il volto di un demone che si poteva però scorgere solo facendo molta attenzione alla visione d'assieme e non avvicinandosi troppo al dipinto. Altrimenti si sarebbero scorti solo i particolari, una schiera di prelati.
Perugia non aveva reagito come si sarebbe atteso. il suo piano di scandalizzare la città era fallito. Nessuno si era accorto delle sue intenzioni.
Durante il viaggio di ritorno in diligenza alla laguna ripercorre le tappe più significative e anche più dolorose della sua vita che lo avevano portato, giovanissimo, a Venezia: il suo apprendistato alla bottega del Veronese, il suo amore platonico per Marietta, l'infuriare della peste, la sua amicizia con un frate scomunicato nolano, Giordano Bruno, gli amori carnali con Marzia, disinibita perugina, l'incontro con padre Arnold, tutti i suoi tormenti per l'apparizione di una figura misteriosa che lo aveva in varie occasioni spaventato. Il demonio sembra accanirsi in modo particolarmente violento contro di lui. A Perugia, con il suo allievo prediletto, Tommaso, termina i lavori della commessa e consegna al priore benedettino le sue tele, compresa l'undicesima, quella con la quale condanna il Maligno a respirare ogni giorno il fumo delle candele, prigioniero in un luogo consacrato. Ci può essere punizione più grande per un angelo decaduto, causa di tanti mali? Poco importa se sinora i perugini non si siano ancora accorti di nulla.
Segnalazioni: Lampo Oscuro
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Titolo: Lampo Oscuro
Autore: Matteo Silanus
Casa editrice: Lettere Animate
Pubblicato: 10 novembre 2014
Pagine: 210
Prezzo: 1,99
Isbn: 978-88-6882-232-3
Link d'acquisto: Amazon
Trama:
Siamo a Philadelphia ai giorni nostri e Jason, un giovane di belle speranze nel campo dell’insegnamento universitario, nasconde una doppia vita: nel tempo libero è Lampo Oscuro.
Lampo Oscuro è un supereroe alle prime armi; non possiede nemmeno un costume, ma ha la facoltà di percepire la paura delle persone in difficoltà, di teletrasportarsi da loro e combattere per difenderle, aiutato più dal fisico atletico che da poteri sorprendenti.
Infatti Jason, alias Lampo Oscuro, non è invincibile: può essere ferito, può provare dolore, può anche morire, ma, per fortuna, ha grandi capacità di rigenerazione. I poteri che possiede li ha acquisiti per un caso davvero fortuito.
Jason (e il suo alter-ego Lampo Oscuro) è affiancato da altri personaggi: Renée, bella e intelligente protagonista dei suoi sogni più romantici e il geniale amico Peter, giovane inventore e brillante studente.
Quando il destino lo mette a confronto con Heinz, un personaggio duro e spietato, ma che in passato ha patito sofferenza e dolore, Lampo Oscuro incontra anche un commissario della polizia di Philadelphia. Gli salva la vita ed egli diventa il suo mentore, il padre affettuoso che Jason ha perduto quando era piccolo.
Le molte avventure di Lampo Oscuro lo portano a incontrare persone comuni minacciate da delinquenti, a salvare donne in difficoltà e bambine imprudenti e persino a togliere dai pasticci la stessa Renée.
Biografia:
Matteo Silanus è un giovane di 27 anni, nato a Sassari il 16 maggio 1987.
Dopo essersi laureato in Economia, si è trasferito a Roma, dove ha continuato gli studi specialistici in Management; alla fine della sua carriera universitaria ha iniziato a lavorare nel settore della consulenza.
Da sempre appassionato di lettura, si è spesso cimentato in piccoli racconti e poesie, cercando così di coltivare anche il suo amore per la scrittura. Solo l’anno scorso ha però deciso di “buttarsi” e scrivere il suo personalissimo romanzo d’avventura dal titolo Lampo Oscuro.
Attualmente vive in Spagna dove, oltre a lavorare, continua a seguire le sue passioni e i suoi interessi.
Allegiant (V. Roth, 2013)
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Ave, Cesare! (J./E. Coen, Usa 2016)
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"Abbiamo la tua star. Metti insieme 100.000 dollari e aspetta istruzioni. Chi siamo? Il Futuro."
Siamo a Hollywood negli splendenti anni 50’, epoca d’oro del cinema. Il risolvi-problemi Eddie Mannix si ritrova stavolta una bella gatta da pelare: la star delle star della Capitol Pictures, importante studio che cura con impegno e attenzione, è sparita. E la produzione del peplum, Ave, Cesare! di cui la star rapita è il protagonista, rischia di naufragare. Per riaverla basterà pagare 100 mila dollari a un misterioso gruppo che si fa chiamare Futuro…
I fratelli Coen stavolta si divertono a caricare il proprio film di star. Star, star, star, nel cinema degli anni ’50 avevano un ruolo e un senso nella vita dello spettatore completamente diverso da quello d’oggi. Ma le cose sono poi così cambiate? Sembrano chiedersi.
In questo il film riesce molto bene, non solo è stato in grado di restituire il clima del cinema di quegli anni, ma anche di gettarsi in un parallelismo che rende lo ieri e l’oggi simili, spaventosamente simili. I fratelli Coen catturano la natura più profonda del cinema, un sistema sgangherato e fracassone, strabordante e luccicante, soprattutto, ogni stratagemma è buono per non rompere l’illusione che ha il pubblico della grande macchina cinema. Non importa la fede o l’economia, lo star system è un mondo a parte che funziona su proprie regole, invisibili agli occhi dei comuni mortali, e che gli uomini dietro le quinte aiutano a far girare. In questo caso ci pensa Eddie Mannix, un solido e convincente Josh Brolin. Una specie di Mister Wolf alla Tarantino, risolve problemi, e lo fa alla grande, lavorando senza sosta e senza orari, unico obiettivo: non rompere la magia del grande schermo, a qualsiasi costo. Devoto al cinema e al meccanismo studios fino alla cecità, o alla mancanza di cecità: lui sa bene cos’è il cinema, una chiassosa, complessa macchina di finzione che deve funzionare bene. Emblematiche sono le frasi che dirà alla fine del film a Baird Whitlock, lo spassoso, ingenuo personaggio rapito e ritrovato, interpretato da George Clooney... schiaffeggiandolo senza pietà!
E allora questo Ave, Cesare! com’è? Imperfetto, nel complesso debole, eppure godibile, elegante e come sempre capace di far riflettere. Il cast abbondante è forse mal sfruttato, alcuni attori sono delle comparse delle comparse, per intenderci, ma vederli tutti insieme è sempre irresistibile.
Stavolta i Coen scelgono la strada dell’apparente leggerezza, il film infatti fa ridere e sorridere. È scanzonato, a tratti assurdo e surreale, e riesce a mescolare e omaggiare più generi: il musical (a proposito, Channing Tatum che balla vale il prezzo del biglietto), la commedia, il peplum più classico, e persino il noir. La trama sta in piedi ma in questo caso è quasi solo un mezzo per mostrare una Hollywood che c’era e che è ancora qui, sotto i nostri occhi, per far incrociare i suoi strampalati personaggi, per divertire. E per affermare infine che, a discapito di tutto, il cinema richiede una fede assoluta.
Trailer italiano:
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Trailer originale:
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